Letture
Byung-Chul Han. Un percorso di lettura
Parte I. La società della stanchezza e Psicopolitica
Parte I. La società della stanchezza e Psicopolitica
Mi propongo in questa serie di scritti di articolare un percorso di lettura di alcune delle opere del filosofo coreano Byung-Chul Han. Quello di Byung-Chul Han mi sembra un contributo interessante, sia per l’analisi delle tendenze della società contemporanea, sia per l’invito al recupero di un modo di vivere accogliente verso la dimensione contemplativa. Potemmo dire che il filosofo coreano analizza la società da un punto di vista contemplativo e propone una terapia per la società stessa proprio attraverso la democratizzazione della vita contemplativa. |
Il percorso sarà una lettura interpretativa che vuole sottolineare alcuni aspetti della riflessione del filosofo, non pretendendo di essere una restituzione completa o fedele del suo pensiero. Il passare attraverso le opere menzionate ha lasciato un’influenza sul mio modo di vedere le cose che vorrei condividere attraverso le parole dell’autore.
Società della stanchezza
Un tema ricorrente negli scritti di Byung-Chul Han è la tematica della performance come elemento caratterizzante la società attuale. La performance viene individuata come la principale spinta o pressione dell’inconscio sociale sulla persona e il suo modo di vivere. Nel contesto della società neoliberale, secondo questa prospettiva, il nostro approccio alla vita verrebbe deformato dall’imperativo incarnato della produttività, che è oggi la performance. Dobbiamo performare più progetti, più iniziative, con più motivazione; una tendenza maniacale all’iperattività che si rovescia in depressione o, con i termini del filosofo coreano, in stanchezza. Il soggetto di prestazione è il protagonista della società neoliberale della stanchezza. Un soggetto nella cui vita proliferano illimitati progetti, illimitate iniziative, sostenute da una illimitata motivazione, senza capacità di fermarsi e riposare. |
Questo ideale, in cui tendiamo ad identificarci, risulta insostenibile nel lungo termine ed esaurisce il nostro potenziale rendendoci esausti, fiaccati nell’anima. Anima qui potrebbe leggersi come la controparte femminile dell’animo, portatrice di valori altri rispetto all’attivismo dell’animo produttivista. Una parte del nostro essere cui corrisponde un senso della vita e delle cose differente, e talvolta diverso, dalla iperpositività dell’animo neoliberale. Non una passione della linea retta, dell’efficienza a tutti i costi e del fare incessante e senza sosta.
(Per approfondire il tema della performance vedi i capitoli ‘’Oltre la società disciplinare’’ pp. 23-39 e ‘’La società del bournout’’ pp.77-102 de La società della stanchezza)
Quelli sopra menzionati sono tutti elementi della positività, termine chiave per comprendere l’analisi della società proposta da Byung-Chul Han. Lo squilibrio che il filosofo coreano cerca di mettere in luce nella dimensione sociale viene descritto come un eccesso di positività, viene rimosso il negativo dall’esistenza e questa tendenza del potere contemporaneo si ribalta in violenza. La positività, l’iperpositività come eccesso, è la categoria principale utilizzata dal filosofo per caratterizzare la società di prestazione. Potremmo parlare di una società iper-yang, vedendo una indiretta influenza della saggezza taoista nel pensare del coreano Byung-Chul Han.
La convivenza perde la via della buona vita per iperpositività, la quale svuota l’attività della sua potenza o del suo potenziale, facendo divenire l’agire un mero fare ed affaccendarsi. Una società di esausti che non possono che ripetere il già dato. Esausti esauriti da una costante pressione sul proprio sistema nervoso dell’imperativo dell’inconscio sociale chiamato dal filosofo violenza neuronale, che ipnoticamente cerca di convincerci con il motto ‘’tu puoi fare tutto’’.
(Per approfondire il tema della positività vedi il capitolo ‘’La violenza neuronale’’ pp.11-22 de La società della stanchezza).
E come prolifera e si alimenta la tendenza all’iperattività neuronale?
(Per approfondire il tema della performance vedi i capitoli ‘’Oltre la società disciplinare’’ pp. 23-39 e ‘’La società del bournout’’ pp.77-102 de La società della stanchezza)
Quelli sopra menzionati sono tutti elementi della positività, termine chiave per comprendere l’analisi della società proposta da Byung-Chul Han. Lo squilibrio che il filosofo coreano cerca di mettere in luce nella dimensione sociale viene descritto come un eccesso di positività, viene rimosso il negativo dall’esistenza e questa tendenza del potere contemporaneo si ribalta in violenza. La positività, l’iperpositività come eccesso, è la categoria principale utilizzata dal filosofo per caratterizzare la società di prestazione. Potremmo parlare di una società iper-yang, vedendo una indiretta influenza della saggezza taoista nel pensare del coreano Byung-Chul Han.
La convivenza perde la via della buona vita per iperpositività, la quale svuota l’attività della sua potenza o del suo potenziale, facendo divenire l’agire un mero fare ed affaccendarsi. Una società di esausti che non possono che ripetere il già dato. Esausti esauriti da una costante pressione sul proprio sistema nervoso dell’imperativo dell’inconscio sociale chiamato dal filosofo violenza neuronale, che ipnoticamente cerca di convincerci con il motto ‘’tu puoi fare tutto’’.
(Per approfondire il tema della positività vedi il capitolo ‘’La violenza neuronale’’ pp.11-22 de La società della stanchezza).
E come prolifera e si alimenta la tendenza all’iperattività neuronale?
Psicopolitica
In Psicopolitica Byung-Chul Han porta avanti la riflessione sulla convivenza contemporanea e porta nuovi elementi per comprendere la deformazione della psiche nella società neoliberale. L’anima in questo contesto viene fiaccata mediante tecniche del tempo e dell’attenzione. L’arma del regime psicopolitico è l’eccesso di stimoli, informazioni e impulsi. Questo eccesso di stimoli, informazioni e impulsi ha un effetto sulla percezione e sull’attenzione che risultano frammentate e disperse. Una specie di prassi antimeditativa si diffonde nel corpo sociale, il vivere nel contesto psicopolitico coltiva vizi dell’attenzione e del comportamento portando ad una regressione psichica e ad una involuzione strutturale dell’attenzione. |
Il carico di lavoro mentale crescente che grava sul singolo, è la causa che impone l’adozione della tecnica del tempo e dell’attenzione detta multitasking. Svolgere più compiti allo stesso tempo è l’abitudine involutiva dei nostri tempi alimentata dall’attitudine alla performance, dall’uso spasmodico dello smartphone, dall’uso dei vari dispositivi dotati di schermo e altoparlanti in genere e dall’eccesso di interazione comunicativa.
(Per approfondire il tema dell’attenzione vedi il capitolo ‘’La noia profonda’’ pp. 31-36 de La società della stanchezza)
E’ l’emozione la porta di entrata del potere psicopolitico nell’interiorità del singolo. Attraverso il flusso emotivo i dispositivi digitali alimentano l’attitudine alla performance, nel così detto tempo libero, così come i così detti motivatori o mental coach fanno lo stesso nello spazio del lavoro. L’interazione comunicativa è primariamente emozionale ed è la dinamica che nutre lo squilibrio interiore, insieme al management emotivo. L’emozione è ciò che lega l’interiorità del singolo all’esteriorità del potere psicopolitico della performance e della comunicazione.
Interessanti le distinzioni che il filosofo fa riguardo l’interiorità della persona. Byung-Chul Han distingue quattro tipi di formazioni mentali: l’emozione, l’affetto, il sentimento e lo stato d’animo. L’emozione in quanto strutturalmente performativa si riferisce a delle azioni ed è intenzionale e finalizzata. Per queste sue caratteristiche è guardata con sospetto dal pensatore, in quanto possibile porta d’accesso all’interiorità del potere psicopolitico. L’emozione è la base interiore necessaria per il così detto capitalismo dell’emozione, il dispositivo psicopolitico che sfrutta gli stati interni del singolo. Proprio per questo, il regime psicopolitico tenderà a coltivare e far crescere illimitatamente la dimensione emozionale dei singoli, in modo da avere più ‘’terreno’’ disponibile per il proprio sfruttamento. Come effetto del regime psicopolitico avremo una distorsione dell’interiorità e delle menti delle persone, la dimensione emotiva cresce smisuratamente a discapito di altri stati interiori come appunto l’affetto, il sentimento e lo stato d’animo strutturalmente non sfruttabili dal sistema psicopolitico.
L’affetto non ha una tendenza performativa, in quanto stato meno complesso dell’emozione è una semplice eruzione di energia psichica che termina con la sua espressione momentanea.
Il sentimento, invece, ha una complessità maggiore dell’emozione. Per quanto riguarda la temporalità ammette una durata, ha maggiore oggettività, fatticità, stabilità dell’emozione. Il sentimento può durare un lasso di tempo lungo, non ha una qualità performativa e proprio per questo non può essere sfruttato dal sistema psicopolitico. Il sentimento è come un aroma che rimane dopo l’esperienza del turbinare delle emozioni.
Lo stato d’animo guadagna ancora in oggettività rispetto al sentimento. Lo stato d’animo esprime una condizione, un esser-così dell’animo, essere stabilmente in un certo modo. L’emozione può anche essere vista come deviazione e cambiamento rispetto allo stare dello stato d’animo. Lo stato d’animo può anche caratterizzare un luogo o uno spazio che trattiene una certa atmosfera. Lo stato d’animo è statico e costellativo, forma una costellazione del sentire.
(Per approfondire il tema dell’emozione vedi il capitolo ‘’Il capitalismo dell’emozione’’ pp.51-59 di Psicopolitica)
Conclusione: libertà delle emozioni o dalle emozioni?
Il sistema psicopolitico lavora per una libertà delle emozioni che si rovescia in oppressione e lo fa per convenienza. Come abbiamo visto la dimensione emozionale è la materia prima, la risorsa che esso sfrutta.
Byung- Chul Han sembra proporre una libertà dalle emozioni (l’antica apatheia o atarassia) attraverso la coltivazione dei sentimenti e degli stati d’animo duraturi. Questi sono legati ad una coltivazione dell’interiorità e ad un’economia dell’attenzione diversa dall’iperattezione del multitasking diffusa e superficiale, ovvero ad un’attenzione profonda frutto della coltivazione della capacità contemplativa.
Breve appendice. Maestri della contemplazione artistica: Cezanne e gli artisti dello zen
Importanti negli scritti di Byung-Chul Han i riferimenti a Cezanne e agli artisti orientali influenzati dalla cultura dello zen. Cezanne che appare come protagonista nel capitolo ‘’La noia profonda’’ de La società della stanchezza e gli artisti dello zen, al centro del testo La filosofia del buddhismo zen, sono due riferimenti che il filosofo coreano propone per ripensare un modo di vivere contemplativo e una coltivazione della capacità contemplativa presente in ogni uomo e donna. Entrambe queste esperienze artistiche rimandano ad un’attenzione profonda, incarnata in uno sguardo lungo e lento sul mondo.
Lungo è lo sguardo che dimora in ampi spazi; possiamo immaginarci il pittore Cezanne che lascia riposare il suo animo e il suo sguardo nell’ampio orizzonte che circonda la montagna Sainte Victorie.
Lento è lo sguardo che indugia su una cosa, l’attenzione smette di vagare incessantemente e sta con la cosa, la abbraccia e permane in questo abbraccio. Il tempo lungo dell’abbraccio, l’abbraccio che dura, fa emergere l’esperienza della durata del tempo. Ecco che il tempo assume, o meglio, emana il suo proprio profumo. L’esperienza di indugiare con la cosa contemplata permette il manifestarsi di un’atmosfera, permette alla cosa di emanare un particolare profumo in cui immergersi. L’haiku zen diviene il mezzo per testimoniare questa durata, perdendo sé stessi.
(Lapo Chittaro)
(Per approfondire il tema dell’attenzione vedi il capitolo ‘’La noia profonda’’ pp. 31-36 de La società della stanchezza)
E’ l’emozione la porta di entrata del potere psicopolitico nell’interiorità del singolo. Attraverso il flusso emotivo i dispositivi digitali alimentano l’attitudine alla performance, nel così detto tempo libero, così come i così detti motivatori o mental coach fanno lo stesso nello spazio del lavoro. L’interazione comunicativa è primariamente emozionale ed è la dinamica che nutre lo squilibrio interiore, insieme al management emotivo. L’emozione è ciò che lega l’interiorità del singolo all’esteriorità del potere psicopolitico della performance e della comunicazione.
Interessanti le distinzioni che il filosofo fa riguardo l’interiorità della persona. Byung-Chul Han distingue quattro tipi di formazioni mentali: l’emozione, l’affetto, il sentimento e lo stato d’animo. L’emozione in quanto strutturalmente performativa si riferisce a delle azioni ed è intenzionale e finalizzata. Per queste sue caratteristiche è guardata con sospetto dal pensatore, in quanto possibile porta d’accesso all’interiorità del potere psicopolitico. L’emozione è la base interiore necessaria per il così detto capitalismo dell’emozione, il dispositivo psicopolitico che sfrutta gli stati interni del singolo. Proprio per questo, il regime psicopolitico tenderà a coltivare e far crescere illimitatamente la dimensione emozionale dei singoli, in modo da avere più ‘’terreno’’ disponibile per il proprio sfruttamento. Come effetto del regime psicopolitico avremo una distorsione dell’interiorità e delle menti delle persone, la dimensione emotiva cresce smisuratamente a discapito di altri stati interiori come appunto l’affetto, il sentimento e lo stato d’animo strutturalmente non sfruttabili dal sistema psicopolitico.
L’affetto non ha una tendenza performativa, in quanto stato meno complesso dell’emozione è una semplice eruzione di energia psichica che termina con la sua espressione momentanea.
Il sentimento, invece, ha una complessità maggiore dell’emozione. Per quanto riguarda la temporalità ammette una durata, ha maggiore oggettività, fatticità, stabilità dell’emozione. Il sentimento può durare un lasso di tempo lungo, non ha una qualità performativa e proprio per questo non può essere sfruttato dal sistema psicopolitico. Il sentimento è come un aroma che rimane dopo l’esperienza del turbinare delle emozioni.
Lo stato d’animo guadagna ancora in oggettività rispetto al sentimento. Lo stato d’animo esprime una condizione, un esser-così dell’animo, essere stabilmente in un certo modo. L’emozione può anche essere vista come deviazione e cambiamento rispetto allo stare dello stato d’animo. Lo stato d’animo può anche caratterizzare un luogo o uno spazio che trattiene una certa atmosfera. Lo stato d’animo è statico e costellativo, forma una costellazione del sentire.
(Per approfondire il tema dell’emozione vedi il capitolo ‘’Il capitalismo dell’emozione’’ pp.51-59 di Psicopolitica)
Conclusione: libertà delle emozioni o dalle emozioni?
Il sistema psicopolitico lavora per una libertà delle emozioni che si rovescia in oppressione e lo fa per convenienza. Come abbiamo visto la dimensione emozionale è la materia prima, la risorsa che esso sfrutta.
Byung- Chul Han sembra proporre una libertà dalle emozioni (l’antica apatheia o atarassia) attraverso la coltivazione dei sentimenti e degli stati d’animo duraturi. Questi sono legati ad una coltivazione dell’interiorità e ad un’economia dell’attenzione diversa dall’iperattezione del multitasking diffusa e superficiale, ovvero ad un’attenzione profonda frutto della coltivazione della capacità contemplativa.
Breve appendice. Maestri della contemplazione artistica: Cezanne e gli artisti dello zen
Importanti negli scritti di Byung-Chul Han i riferimenti a Cezanne e agli artisti orientali influenzati dalla cultura dello zen. Cezanne che appare come protagonista nel capitolo ‘’La noia profonda’’ de La società della stanchezza e gli artisti dello zen, al centro del testo La filosofia del buddhismo zen, sono due riferimenti che il filosofo coreano propone per ripensare un modo di vivere contemplativo e una coltivazione della capacità contemplativa presente in ogni uomo e donna. Entrambe queste esperienze artistiche rimandano ad un’attenzione profonda, incarnata in uno sguardo lungo e lento sul mondo.
Lungo è lo sguardo che dimora in ampi spazi; possiamo immaginarci il pittore Cezanne che lascia riposare il suo animo e il suo sguardo nell’ampio orizzonte che circonda la montagna Sainte Victorie.
Lento è lo sguardo che indugia su una cosa, l’attenzione smette di vagare incessantemente e sta con la cosa, la abbraccia e permane in questo abbraccio. Il tempo lungo dell’abbraccio, l’abbraccio che dura, fa emergere l’esperienza della durata del tempo. Ecco che il tempo assume, o meglio, emana il suo proprio profumo. L’esperienza di indugiare con la cosa contemplata permette il manifestarsi di un’atmosfera, permette alla cosa di emanare un particolare profumo in cui immergersi. L’haiku zen diviene il mezzo per testimoniare questa durata, perdendo sé stessi.
(Lapo Chittaro)