Letture
Camminare con Hesse
L’azzurra lontananza
L’azzurra lontananza
L’invito a mettersi in cammino di Hermann Hesse è soprattutto un invito a prendere le distanze dalle cose quotidiane, abbandonare il familiare. Quando diventiamo viandanti con Hesse la distanza dalle cose terrestri cambia, le cose non sono più nella vicinanza familiare bensì nell’azzurra lontananza. Questa l’utopia riguardo al camminare, rincantare il mondo in un’azzurra lontananza. |
L’azione di camminare trasforma il soggetto, questo non è più il sedentario borghese bene sistemato nella trama sociale, è invece lo straniero, il viaggiatore leggero che non possiede nulla e riceve tutto come un insperato dono sul suo cammino. Il camminare insegna un nuovo rapporto con le cose che ha a che vedere più con lo sfiorare che con l’afferrare o il possedere. La cosa, risparmiata nello sfiorare dello straniero, conserva la sua integrità e il suo incanto, nell’azzurra lontananza. E’ la rinuncia che permette l’incanto, la rinuncia preserva la lontananza tra il soggetto e la cosa e tinge di azzurro il mondo.
Il tono sentimentale fondamentale non sembra la gioia, si è invece pervasi dalla calma della solitudine. La felicità dell’essere in cammino presuppone la scoperta della solitudine come benedizione e come possibilità di stare quietamente raccolti in sé. Questo essere a proprio agio con sé stessi sul cammino sprigiona un sentimento di calma e serenità, una felicità che ha stemperato la gioia in un diffuso senso di agio con sé stessi e con il mondo. Questa felicità non è totalmente libera dal dolore e dalla nostalgia. Si tratta di una felicità complessa che conosce anche il dolore di dover ogni volta lasciare il già noto per preservarsi come libertà.
La libertà del camminare è presupposto per una vera conoscenza del mondo e dei suoi luoghi. Non avendo un rapporto già stabilito dall’utilità con ciò che incontra, il camminatore può conoscere intimamente e profondamente ciò che appare sul suo cammino. L’incontro avviene a profondità insondabili, lontane dagli scambi quotidiani. L’incontro sul cammino custodisce l’azzurro della vita.
Il tempo del camminare è il tempo presente, il continuo incontro con le cose sul cammino può avvenire in virtù dell’esserci nel momento presente. Nel camminare c’è poco spazio per il passato e per il futuro, se non come epifanie nel presente. Questo sfiorare il tempo nella disponibilità del momento, fa sì che il soggetto non sia afferrato dal tempo e viva in una dimensione trasognante; infinito e qui, eterno ed ora non sono separati.
I gesti più semplici e gli eventi più ordinari, essendo incontrati dalla distanza del cammino, si riempiono d’incanto e si trasfigurano rivelando che il miracolo è camminare sulla Terra. Ecco che guardando dalla lontananza del cammino tutto è pieno di stupore: la natura, i luoghi, le persone e persino il quotidiano, da cui avevamo preso congedo incamminandoci sul cammino.
L’occhio è stupefatto dalle cose, le cose si rianimano grazie alla distanza e diventano enigmatiche; misteri da contemplare, dicibili solo in poesia. Misteri con cui si vive e fonti inesauribili di ispirazione artistica.
Sul volto del viandante può accendersi un misterioso sorriso. E’ forse il sorriso di chi, permeato dallo stupore delle cose, è stato ricompreso sotto il velo d’incanto della Vita. E’ il segno che la lontananza dal quotidiano ha dato i suoi frutti. L’orecchio si è aperto nuovamente al canto della Terra, al canto di Dio nel suo mantello marrone, che non cessa mai e che sempre crea.
Se ad accendere la tensione creativa in Thoreau era il paesaggio selvatico, in Hesse è l’azzurro orizzonte in cui le cose perdono i loro confini definiti. Le cose del mondo diventano così il luogo in cui la contemplazione artistica può scorgere il rivelarsi di un ordine del mondo più profondo. Il soggetto che contempla avverte un senso di armonia che allude a questo profondo ordine del mondo che adesso affiora; un senso d’unità con il Tutto lo coglie, come compimento di questa rivelazione resa possibile dalla liberazione delle cose dai propri confini. La lontananza, infine, si risolve in una grande intimità con Tutto.
Suggerimenti di lettura:
Hermann Hesse, Vagabondaggio, Roma, Newton Compton, 1993.
Hermann Hesse, L’azzurra lontananza, Milano, SugarCo, 1991.
(Lapo Chittaro)
Il tono sentimentale fondamentale non sembra la gioia, si è invece pervasi dalla calma della solitudine. La felicità dell’essere in cammino presuppone la scoperta della solitudine come benedizione e come possibilità di stare quietamente raccolti in sé. Questo essere a proprio agio con sé stessi sul cammino sprigiona un sentimento di calma e serenità, una felicità che ha stemperato la gioia in un diffuso senso di agio con sé stessi e con il mondo. Questa felicità non è totalmente libera dal dolore e dalla nostalgia. Si tratta di una felicità complessa che conosce anche il dolore di dover ogni volta lasciare il già noto per preservarsi come libertà.
La libertà del camminare è presupposto per una vera conoscenza del mondo e dei suoi luoghi. Non avendo un rapporto già stabilito dall’utilità con ciò che incontra, il camminatore può conoscere intimamente e profondamente ciò che appare sul suo cammino. L’incontro avviene a profondità insondabili, lontane dagli scambi quotidiani. L’incontro sul cammino custodisce l’azzurro della vita.
Il tempo del camminare è il tempo presente, il continuo incontro con le cose sul cammino può avvenire in virtù dell’esserci nel momento presente. Nel camminare c’è poco spazio per il passato e per il futuro, se non come epifanie nel presente. Questo sfiorare il tempo nella disponibilità del momento, fa sì che il soggetto non sia afferrato dal tempo e viva in una dimensione trasognante; infinito e qui, eterno ed ora non sono separati.
I gesti più semplici e gli eventi più ordinari, essendo incontrati dalla distanza del cammino, si riempiono d’incanto e si trasfigurano rivelando che il miracolo è camminare sulla Terra. Ecco che guardando dalla lontananza del cammino tutto è pieno di stupore: la natura, i luoghi, le persone e persino il quotidiano, da cui avevamo preso congedo incamminandoci sul cammino.
L’occhio è stupefatto dalle cose, le cose si rianimano grazie alla distanza e diventano enigmatiche; misteri da contemplare, dicibili solo in poesia. Misteri con cui si vive e fonti inesauribili di ispirazione artistica.
Sul volto del viandante può accendersi un misterioso sorriso. E’ forse il sorriso di chi, permeato dallo stupore delle cose, è stato ricompreso sotto il velo d’incanto della Vita. E’ il segno che la lontananza dal quotidiano ha dato i suoi frutti. L’orecchio si è aperto nuovamente al canto della Terra, al canto di Dio nel suo mantello marrone, che non cessa mai e che sempre crea.
Se ad accendere la tensione creativa in Thoreau era il paesaggio selvatico, in Hesse è l’azzurro orizzonte in cui le cose perdono i loro confini definiti. Le cose del mondo diventano così il luogo in cui la contemplazione artistica può scorgere il rivelarsi di un ordine del mondo più profondo. Il soggetto che contempla avverte un senso di armonia che allude a questo profondo ordine del mondo che adesso affiora; un senso d’unità con il Tutto lo coglie, come compimento di questa rivelazione resa possibile dalla liberazione delle cose dai propri confini. La lontananza, infine, si risolve in una grande intimità con Tutto.
Suggerimenti di lettura:
Hermann Hesse, Vagabondaggio, Roma, Newton Compton, 1993.
Hermann Hesse, L’azzurra lontananza, Milano, SugarCo, 1991.
(Lapo Chittaro)