Letture
Camminare con Thoreau
Il paesaggio selvatico
Il paesaggio selvatico
Il cammino di Henry David Thoreau è un porsi in tensione creativa con il paesaggio selvatico. La grezza materia spirituale del selvatico attiva una dinamica di rigenerazione del soggetto che si immerge nel suo campo. Il soggetto si immerge, ad ogni passo lascia sempre più andare la sua appartenenza al domestico e alla città. Dimenticandosi delle sue identificazioni e delle sue appartenenze per essere natura nella natura, un fluire della natura in sé stessa. |
Questa dimenticanza, questo oblio del civile e del sociale è una rimembranza, un ricordo di un’identità più profonda e originaria, quella naturale e cosmica. La physis è la nostra vera patria; la vita di soglia suggerita da Thoreau è una pratica che consiste nello sforzo di ricordare questa appartenenza primigenia e implica una vita al margine delle dinamiche sociali. Un costante fuggire la dinamica centripeta del sociale, il quale tenderebbe altrimenti ad assorbire tutto il nostro essere. La via centrifuga dal sociale, dall’istituzione e dal potere porta ad una riscoperta dell’identità con la physis.
La pratica del camminare come esercizio spirituale ripetuto trasforma il soggetto che la mette in atto aprendolo alla rivelazione della dimensione cosmica e ricollocandolo nel giusto posto nella trama del tutto. Questa re-immissione della coscienza nella trama del cosmo, questa consapevolezza di appartenere ad un cosmo vivente apre ad un rinnovamento etico, ad un atteggiamento, verso gli esseri terrestri in generale ed umani in particolare, nuovo.
L’apertura cosmica rivela l’ingiustizia dei rapporti intersoggettivi ed ecologici fondati sul potere ed inizia a ricollocare le dinamiche intra-umane nel grande contesto terrestre alla ricerca di una rinnovata armonia. La rigenerazione interiore che ha luogo nel contatto con il selvatico può diventare fonte di un nuovo modo di vivere non più fondato sul potere bensì sull’arte di vivere in armonia e continuità con i ritmi naturali.
Il paesaggio selvatico è potenzialità di futuro: chi vi si immerge ne viene rinnovato, lascia andare l’appesantimento del passato e ritrova l’energia fresca, la viriditas del presente pieno di potenzialità e sempre in via di creazione. La palude e i paesaggi essenziali del mare, del deserto, della montagna diventano simboli viventi di questa potenza rinnovatrice della natura. Il contatto, l’immersione, l’esperienza di unità con questi paesaggi essenziali rinnova profondamente l’uomo e apre squarci di futuro nello stanco orizzonte tecnocratico. E’ questo il santuario del nativo terrestre, quella specie di uomo che ha scoperto in sé l’identità originaria con la physis. Identità più profonda di ogni identificazione con posizioni sociali e ruoli di potere.
Il disgusto per gli animali addomesticati, domestici e docili è ancora un modo di esaltare la libertà del selvatico. I momenti di indocilità di questa categoria di animali sono salutati come gioioso risveglio della loro natura primigenia e diventano simbolo dell’uomo della città che sente l’impulso a riscoprire il proprio lato selvatico.
Il selvatico è una promessa di rinnovamento totale del proprio rapporto con la Terra, fino a scoprirsene nuovamente figli. Anche la coltivazione della terra e il lavoro nei campi sono esaltati come occasioni di immersione nella dimensione terrestre. Il rinnovato uomo selvatico, nativo terrestre, figlio della Terra, questo archetipo dell’uomo naturale e terrestre, negato dalla modernizzazione e dalla vicenda della conquista europea dell’America, riemerge nella coscienza americana con Thoreau e i suoi scritti. Sarà poi Gary Snyder, altra grande figura della cultura americana, a portare alla piena valorizzazione l’eredità dei nativi americani.
In effetti le opere di Thoreau e Snyder posso essere viste come un tentativo di rimediare al tragico mancato incontro tra europei e popoli nativi del Nord America. Questo incontro che, se fosse avvenuto, avrebbe potuto riportare la coscienza europea a risuonare con valori propri dell’uomo naturale ovvero la semplicità, l’armonia e la pace con il mondo naturale, valori tra le altre cose non estranei all’annuncio evangelico. La storia della colonizzazione invece ha visto la riaffermazione delle dinamiche di dominio e della volontà di potenza che hanno portato al genocidio dei popoli nativi. Questo evento pensa ancora sulla coscienza occidentale e la crisi ecologica attuale ripropone lo stesso problematico bivio su scala globale: anche oggi si tratta di una scelta tra semplicità e pace contrapposte alle tendenze imperialistiche del potere e alla volontà di potenza estrattiva esercitata sulla natura, forze che posso portarci all’estinzione.
La conoscenza meravigliosa, il momento presente e l’abitare il campo del luminoso sono i cammini indicati da Thoreau per tornare a percepire la Vita e il legame con il Legislatore. Il vangelo dell’attimo presente rinnova la speranza nella parola, che illuminerà le nostre menti e i nostri cuori e rischiarerà l’intera nostra vita con una grande luce che ci ridesterà calma, serena e dorata come un raggio autunnale sulla riva del fiume.
Suggerimenti di lettura:
Henry David Thoreau, Camminare, Milano, Mondadori, 2009.
(Lapo Chittaro)
La pratica del camminare come esercizio spirituale ripetuto trasforma il soggetto che la mette in atto aprendolo alla rivelazione della dimensione cosmica e ricollocandolo nel giusto posto nella trama del tutto. Questa re-immissione della coscienza nella trama del cosmo, questa consapevolezza di appartenere ad un cosmo vivente apre ad un rinnovamento etico, ad un atteggiamento, verso gli esseri terrestri in generale ed umani in particolare, nuovo.
L’apertura cosmica rivela l’ingiustizia dei rapporti intersoggettivi ed ecologici fondati sul potere ed inizia a ricollocare le dinamiche intra-umane nel grande contesto terrestre alla ricerca di una rinnovata armonia. La rigenerazione interiore che ha luogo nel contatto con il selvatico può diventare fonte di un nuovo modo di vivere non più fondato sul potere bensì sull’arte di vivere in armonia e continuità con i ritmi naturali.
Il paesaggio selvatico è potenzialità di futuro: chi vi si immerge ne viene rinnovato, lascia andare l’appesantimento del passato e ritrova l’energia fresca, la viriditas del presente pieno di potenzialità e sempre in via di creazione. La palude e i paesaggi essenziali del mare, del deserto, della montagna diventano simboli viventi di questa potenza rinnovatrice della natura. Il contatto, l’immersione, l’esperienza di unità con questi paesaggi essenziali rinnova profondamente l’uomo e apre squarci di futuro nello stanco orizzonte tecnocratico. E’ questo il santuario del nativo terrestre, quella specie di uomo che ha scoperto in sé l’identità originaria con la physis. Identità più profonda di ogni identificazione con posizioni sociali e ruoli di potere.
Il disgusto per gli animali addomesticati, domestici e docili è ancora un modo di esaltare la libertà del selvatico. I momenti di indocilità di questa categoria di animali sono salutati come gioioso risveglio della loro natura primigenia e diventano simbolo dell’uomo della città che sente l’impulso a riscoprire il proprio lato selvatico.
Il selvatico è una promessa di rinnovamento totale del proprio rapporto con la Terra, fino a scoprirsene nuovamente figli. Anche la coltivazione della terra e il lavoro nei campi sono esaltati come occasioni di immersione nella dimensione terrestre. Il rinnovato uomo selvatico, nativo terrestre, figlio della Terra, questo archetipo dell’uomo naturale e terrestre, negato dalla modernizzazione e dalla vicenda della conquista europea dell’America, riemerge nella coscienza americana con Thoreau e i suoi scritti. Sarà poi Gary Snyder, altra grande figura della cultura americana, a portare alla piena valorizzazione l’eredità dei nativi americani.
In effetti le opere di Thoreau e Snyder posso essere viste come un tentativo di rimediare al tragico mancato incontro tra europei e popoli nativi del Nord America. Questo incontro che, se fosse avvenuto, avrebbe potuto riportare la coscienza europea a risuonare con valori propri dell’uomo naturale ovvero la semplicità, l’armonia e la pace con il mondo naturale, valori tra le altre cose non estranei all’annuncio evangelico. La storia della colonizzazione invece ha visto la riaffermazione delle dinamiche di dominio e della volontà di potenza che hanno portato al genocidio dei popoli nativi. Questo evento pensa ancora sulla coscienza occidentale e la crisi ecologica attuale ripropone lo stesso problematico bivio su scala globale: anche oggi si tratta di una scelta tra semplicità e pace contrapposte alle tendenze imperialistiche del potere e alla volontà di potenza estrattiva esercitata sulla natura, forze che posso portarci all’estinzione.
La conoscenza meravigliosa, il momento presente e l’abitare il campo del luminoso sono i cammini indicati da Thoreau per tornare a percepire la Vita e il legame con il Legislatore. Il vangelo dell’attimo presente rinnova la speranza nella parola, che illuminerà le nostre menti e i nostri cuori e rischiarerà l’intera nostra vita con una grande luce che ci ridesterà calma, serena e dorata come un raggio autunnale sulla riva del fiume.
Suggerimenti di lettura:
Henry David Thoreau, Camminare, Milano, Mondadori, 2009.
(Lapo Chittaro)