Letture
Tre variazioni sulla contemplazione. Parte I
Paul Klee, John Cage, Bill Viola. Contemplazione ed opera d’arte
Paul Klee, John Cage, Bill Viola. Contemplazione ed opera d’arte
Possiamo ancora chiedere all’arte di elevarci? (Forse è da tempo che ci invita ad allenare le ali). La contemplazione artistica come apertura alla verticalità e culminante nella contemplazione religiosa, nella meditazione, nella preghiera ha senso per noi? Possiamo abitare la creazione che continuamente avviene? |
Il punto di partenza del nostro cammino è Abbraccio (1934) di Paul Klee. Quest’opera di grande potenza espressiva, a mio avviso può essere un’ottima porta di accesso al mistero della creazione. Nella mia esperienza di contemplazione artistica questa opera si è rivelata come un’icona capace di reimmettermi nella dinamica della creazione, un caso di resurrezione per mezzo dell’arte: Lo spettatore abbracciava l’opera con lo sguardo ma al tempo stesso era abbracciato dall’opera e dalla creazione tutta, attraverso l’opera.
Emerge il primo punto di riflessione: la vera arte ha il potere di reimmettere nello stato di creazione, elevandoci dalla condizione di creature. Klee teorizza che l’artista, abitando la dinamica della creazione ed essendo parte attiva della physis (che potrei tradurre qui come natura naturante), apre porte che possono portare gli spettatori a ritrovare la propria dimensione di abitanti (poetici) della Terra. Gli uomini, di norma ridotti alla sola dimensione del lavoro e della performance, possono, attraverso la contemplazione artistica, risvegliare una risonanza dell’archetipo dell’artista che risiede nella loro interiorità con l’opera stessa e riscoprirsi uomini naturali capaci di contemplare i segreti della physis.
Come esseri rituali e contemplativi noi umani vibriamo lungo assi di risonanza che strutturano il nostro tempo di vita e lo spazio dell’invisibile o meta-fisico connettendoci al cosmico, all’umano, al divino. L’archetipo dell’artista, per così dire, costituisce la base dell’asse verticale che apre alla dimensione della contemplazione. Paul Klee ci guida a fare il primo passo di apertura alla verticalità e il primo passo di elevazione dal creato alla creazione.
Il secondo incontro è con John Cage e l’ascolto totale della realtà. Questo indirizzo di ricerca nell’opera di Cage è centrale dal dopoguerra in poi. Nell’incontro con Cage vediamo ripetersi l’invito alla conversione artistica già presente in Klee: si è invitati ad abbandonare la postura appropriativa del lavoratore per assumere un atteggiamento accogliente di ascolto del reale e dei suoi suoni; John Cage ci invita a spiccare il volo.
Entriamo con Cage in quell’attitudine di riposo che vorrei chiamare contemplazione del settimo giorno. L’essenza del Creatore, il riposo appunto, si manifesta nella creazione stessa. Nello stato di ascolto totale già nella creazione il riposo divino può essere sperimentato; grazie al silenzio che contraddistingue questo riposo, ogni suono diventa musica. John Cage con la sua mente quieta, come un nuovo San Girolamo, attraverso il suo ascolto accogliente ammansisce il baccano moderno, come il santo ammansiva il leone, togliendo la spina dell’appropriatività e mettendo il mondo a riposo.
La pratica dell’ascolto totale a mio avviso è il cuore pulsante dell’opera di John Cage. L’ascolto totale, interpretato qui come contemplazione del settimo giorno, ci conduce alla soglia tra contemplazione artistica e contemplazione religiosa: entrando in comunione col divino, nell’esperienza del riposo, facciamo un altro battito d’ali elevante, siamo nello stato di creazione più vicini al Creatore che al creato.
Tre: Bill Viola, maestro della video arte. Se Cage ci ha restituito un nuovo orecchio per ascoltare la realtà, Bill Viola ci regala un nuovo sguardo sul mondo. Entrare in un’esposizione di Viola vuol dire partecipare ad un rito che agisce sulla nostra percezione. L’arte di Bill Viola è immersione, partecipazione viscerale, sentire religioso del vivere. Il rito di Viola è capace di generare un effetto psicagogico, nel senso dato a questo termine da Pierre Hadot: le opere contagiano la nostra percezione mettendo a riposo la nostra psiche, ridando respiro al nostro corpo e attuando una trasformazione spirituale che ci dona un nuovo sguardo.
Anche nel contatto con l’opera di Bill Viola ho fatto quell’esperienza di soglia che ho chiamato contemplazione del settimo giorno: L’artista plasmava i video, che plasmavano la percezione dello spettatore, che, attraverso il suo sguardo, metteva a riposo il mondo che guardava dando seguito ad una dinamica di contagio vitale e riposante. Bill Viola con la sua opera resuscita lo spettatore dandogli uno spazio di respiro, aprendolo alla verticalità, portandolo alla conversione artistica e fino alle soglie della contemplazione religiosa del reale.
Considerando insieme il lavoro di John Cage e Bill Viola emerge l’evidenza che la migliore arte dal dopoguerra in poi si è data un compito implicito o esplicito: […] restituirci uno sguardo per i fenomeni elementari e quotidiani della vita dell’uomo: il mare, le montagne, il deserto, le strade di una città, dormire, camminare, stare seduti. (p.14 de La speranza nella “via negativa” di Valentina Valentini in Bill Viola. Guardare con gli occhi della mente e del cuore).
Donarci una nuova percezione, un nuovo ascolto. Farci tornare a percepire come la prima volta il mondo e i suoi fenomeni nel loro mistero.
Klee, Cage e Viola ci danno le ali per lo stato di creazione; l’arte ha la capacità di risvegliare il sentimento di essere partecipi della grande avventura della vita nella Vita.
(Lapo Chittaro)
Emerge il primo punto di riflessione: la vera arte ha il potere di reimmettere nello stato di creazione, elevandoci dalla condizione di creature. Klee teorizza che l’artista, abitando la dinamica della creazione ed essendo parte attiva della physis (che potrei tradurre qui come natura naturante), apre porte che possono portare gli spettatori a ritrovare la propria dimensione di abitanti (poetici) della Terra. Gli uomini, di norma ridotti alla sola dimensione del lavoro e della performance, possono, attraverso la contemplazione artistica, risvegliare una risonanza dell’archetipo dell’artista che risiede nella loro interiorità con l’opera stessa e riscoprirsi uomini naturali capaci di contemplare i segreti della physis.
Come esseri rituali e contemplativi noi umani vibriamo lungo assi di risonanza che strutturano il nostro tempo di vita e lo spazio dell’invisibile o meta-fisico connettendoci al cosmico, all’umano, al divino. L’archetipo dell’artista, per così dire, costituisce la base dell’asse verticale che apre alla dimensione della contemplazione. Paul Klee ci guida a fare il primo passo di apertura alla verticalità e il primo passo di elevazione dal creato alla creazione.
Il secondo incontro è con John Cage e l’ascolto totale della realtà. Questo indirizzo di ricerca nell’opera di Cage è centrale dal dopoguerra in poi. Nell’incontro con Cage vediamo ripetersi l’invito alla conversione artistica già presente in Klee: si è invitati ad abbandonare la postura appropriativa del lavoratore per assumere un atteggiamento accogliente di ascolto del reale e dei suoi suoni; John Cage ci invita a spiccare il volo.
Entriamo con Cage in quell’attitudine di riposo che vorrei chiamare contemplazione del settimo giorno. L’essenza del Creatore, il riposo appunto, si manifesta nella creazione stessa. Nello stato di ascolto totale già nella creazione il riposo divino può essere sperimentato; grazie al silenzio che contraddistingue questo riposo, ogni suono diventa musica. John Cage con la sua mente quieta, come un nuovo San Girolamo, attraverso il suo ascolto accogliente ammansisce il baccano moderno, come il santo ammansiva il leone, togliendo la spina dell’appropriatività e mettendo il mondo a riposo.
La pratica dell’ascolto totale a mio avviso è il cuore pulsante dell’opera di John Cage. L’ascolto totale, interpretato qui come contemplazione del settimo giorno, ci conduce alla soglia tra contemplazione artistica e contemplazione religiosa: entrando in comunione col divino, nell’esperienza del riposo, facciamo un altro battito d’ali elevante, siamo nello stato di creazione più vicini al Creatore che al creato.
Tre: Bill Viola, maestro della video arte. Se Cage ci ha restituito un nuovo orecchio per ascoltare la realtà, Bill Viola ci regala un nuovo sguardo sul mondo. Entrare in un’esposizione di Viola vuol dire partecipare ad un rito che agisce sulla nostra percezione. L’arte di Bill Viola è immersione, partecipazione viscerale, sentire religioso del vivere. Il rito di Viola è capace di generare un effetto psicagogico, nel senso dato a questo termine da Pierre Hadot: le opere contagiano la nostra percezione mettendo a riposo la nostra psiche, ridando respiro al nostro corpo e attuando una trasformazione spirituale che ci dona un nuovo sguardo.
Anche nel contatto con l’opera di Bill Viola ho fatto quell’esperienza di soglia che ho chiamato contemplazione del settimo giorno: L’artista plasmava i video, che plasmavano la percezione dello spettatore, che, attraverso il suo sguardo, metteva a riposo il mondo che guardava dando seguito ad una dinamica di contagio vitale e riposante. Bill Viola con la sua opera resuscita lo spettatore dandogli uno spazio di respiro, aprendolo alla verticalità, portandolo alla conversione artistica e fino alle soglie della contemplazione religiosa del reale.
Considerando insieme il lavoro di John Cage e Bill Viola emerge l’evidenza che la migliore arte dal dopoguerra in poi si è data un compito implicito o esplicito: […] restituirci uno sguardo per i fenomeni elementari e quotidiani della vita dell’uomo: il mare, le montagne, il deserto, le strade di una città, dormire, camminare, stare seduti. (p.14 de La speranza nella “via negativa” di Valentina Valentini in Bill Viola. Guardare con gli occhi della mente e del cuore).
Donarci una nuova percezione, un nuovo ascolto. Farci tornare a percepire come la prima volta il mondo e i suoi fenomeni nel loro mistero.
Klee, Cage e Viola ci danno le ali per lo stato di creazione; l’arte ha la capacità di risvegliare il sentimento di essere partecipi della grande avventura della vita nella Vita.
(Lapo Chittaro)