Letture
Tre variazioni sulla contemplazione. Parte II
Pierre Hadot e Thich Nhat Hanh. Contemplazione e Arte di vivere
Pierre Hadot e Thich Nhat Hanh. Contemplazione e Arte di vivere
Il noto detto cinese “dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita” è la guida nel passaggio dall’opera d’arte all’arte di vivere. Da spettatori d’arte siete invitati a divenire praticanti di esercizi spirituali. Le nostre guide saranno Pierre Hadot e Thich Nhat Hanh. |
La percezione è il terreno che crea continuità tra mondo dell’arte e mondo della spiritualità, opera d’arte e arte di vivere. Questa vuole essere una riflessione sulla percezione svolta ripercorrendo il breve saggio di Pierre Hadot intitolato “Il saggio e il mondo” contenuto nella raccolta di articoli dal titolo Esercizi spirituali e filosofia antica. Ripercorreremo i quattro temi fondamentali del saggio che voglio qui elencare subito: la percezione, la conversione, il momento presente e l’esperienza mistica. Punti di riferimento in questo percorso saranno l’esperienza dello stato di creazione e l’arte di vivere: l’esercizio, sempre precario, di abitare questo stato, fatto in prima persona.
La percezione è indicata da Pierre Hadot come il terreno su cui è possibile un recupero dell’eredità della filosofia antica nella contemporaneità. Dobbiamo ripartire dall’accorgerci della nostra percezione, dal fatto che percepiamo e stupircene di nuovo. Come guide in questo percorso di riscoperta Hadot indica l’esperienza della filosofia fenomenologica e la filosofia di Bergson. La fenomenologia, l’opera di Merleau-ponty in particolare, ci aiutano a prendere coscienza della nostra percezione e a fare il salto dalla percezione di oggetti diversi alla percezione della totalità del mondo, in primo luogo, e in seconda battuta a fare esperienza dell’unità di percezione e mondo. Il discorso di Bergson, invece, ci guida a distinguere prima il mondo della percezione quotidiana e abituale dal mondo della scienza e della filosofia, poi a distinguere scienza e filosofia: la scienza elimina dal suo orizzonte la percezione, la filosofia la preserva nella forma particolare della percezione distaccata dell’artista. Il merito di queste due scuole filosofiche è di risvegliare dallo stato di incoscienza abituale riguardo la percezione. Questo risveglio avviene mediante due conversioni: lo spostamento dell’attenzione proposto da Bergson e la riduzione fenomenologica messa in atto da Merelau-Ponty. Queste due conversioni analoghe fanno fare un salto di coscienza dalla percezione utilitaria (lavoratore) alla percezione disinteressata (artista), dal mondo per noi al mondo per sé stesso.
Hadot mette in luce come Merleau-Ponty e Henry Bergson prendano la percezione estetica come paradigma della percezione filosofica. Compie inoltre un interessante excursus nella storia dell’arte e dell’estetica moderna che riallaccia i fili tra opera d’arte e arte di vivere, estetica e filosofia e apre all’intuizione che la migliore arte e la migliore estetica puntino entrambe a risvegliare a quello che ho chiamato stato di creazione cioè alla partecipazione cosciente al cosmo.
La dimenticanza di questa partecipazione cosmica è costitutiva della condizione umana e non caratteristica, come hanno sostenuto alcuni, della modernità scientifica, industriale e tecnologica. Questa la posizione di Pierre Hadot, si può aggiungere che la modernità probabilmente ha aggravato “l’addormentamento quotidiano” attraverso la maggiore complessità della società e la maggiore distanza dal mondo naturale. Forse però contiene in sé anche la potenzialità di alleviare questa condizione rendendo gli uomini meno legati alla fatica del lavoro, al paradigma produttivista e alle incombenze quotidiane e donando dunque uno nuovo spazio di contemplazione.
Qual è l’esercizio spirituale capace di farci fare il salto dalla coscienza abituale alla coscienza distaccata, dall’addormentamento alla coscienza cosmica? Analizzando il testo di Rousseau Fantasticherie di un passeggiatore solitario Hadot individua l’esercizio della concentrazione sull’istante presente come l’atto che permette di accedere alla coscienza cosmica; Rousseau indica questo stato di consapevolezza con il nome di sentimento dell’esistenza. Questo sentimento corrisponde all’atto cognitivo dello stupirsi del semplice esistere delle cose del mondo che Merleau-Ponty ha indicato come scaturire immotivato del mondo, avendo vissuto probabilmente un’esperienza analoga di ascolto stupito del reale. Qui incontriamo il tema del momento presente e dell’esperienza mistica come esperienza immediata della totalità del mondo e come sentimento dell’unità di soggetto e oggetto della conoscenza.
Il saggio stoico ed il saggio epicureo sono due modelli dell’antichità che esprimono concretamente l’ideale della saggezza. Lo stoico esprime come atteggiamento fondamentale il consenso gioioso al divenire del mondo, un sì rinnovato ad ogni istante alla ragione universale che governa il cosmo. L’epicureo perseguendo la pace dell’anima e il puro piacere di esistere e, considerando il mondo come effetto del caso, sperimenta ogni istante come una sorta di miracolo inatteso. Vediamo qui la centralità del momento presente e l’immersione piena di stupore nel cosmo emergere in due concezioni quasi antitetiche della realtà.
C’è un’analogia tra percezione del mondo e percezione della saggezza: così come attraverso la conversione della percezione arriviamo a percepire la totalità del mondo e la non separazione tra percezione e mondo, analogamente contemplando la figura del saggio arriviamo a toccare la saggezza e a sentire la nostra non separazione da lei. Finalmente si rivelano il mondo, nella coscienza del saggio, e la coscienza del saggio, immersa nella totalità del mondo. Ecco il momento del nostro contatto contingente con la saggezza.
Epilogo esperienziale
Nella sala di meditazione principale di Upper Hamlet, Plum Village, si può leggere nel rosone sopra la porta d’ingresso le tre parole guida della pratica spirituale che qui viene trasmessa: Smṛti, Samadhi, Prajña. Smṛti può essere reso come presenza mentale o ricordo, Samadhi come concentrazione e Prajña come saggezza, intuizione o realizzazione. La pratica spirituale parte dalla presenza mentale (concentrazione sull’istante presente) e, attraverso l’immersione nella realtà dell’inter-essere, vuole portare alla comprensione profonda dell’esistenza. Interessere è un altro nome, un’altra parola, piena di esperienza, per indicare lo stato di creazione: quello stato di coscienza consapevole della totalità del mondo e della non separazione o unità tra/di percezione e mondo, soggetto e oggetto.
Abbiamo tracciato un filo rosso che mette in collegamento filosofia antica, estetica moderna e pratica spirituale contemporanea. Comune è un modo di vivere che valorizza l’attenzione alla percezione, la consapevolezza della necessità di una conversione dell’attenzione, l’esercizio del vivere nel momento presente e il dirigersi verso l’esperienza immediata della Realtà.
Durante i miei studi di filosofia mi sono appassionato alle ricerche di Pierre Hadot sulle scuole filosofiche della tarda antichità. Ero affascinato dai racconti sull'imperatore filosofo Marco Aurelio e sul filosofo mistico Plotino. Pensavo che quella stagione della filosofia fosse del tutto tramontata, ma mi sono dovuto ricredere. Mi sono infatti imbattuto nella tradizione di pratica di consapevolezza di Thich Nhat Hanh e per me è stato subito evidente che era un moderno Epitetto, un moderno Epicuro, un moderno Plotino.
Mi sono approcciato allo studio della tradizione di Thich Nhat Hanh come lo avrebbe fatto un discepolo di una scuola filosofica della tarda antichità. Allora infatti, ci racconta Pierre Hadot, era considerato filosofo colui che metteva in pratica nella propria vita quotidiana gli insegnamenti di una scuola filosofica a cui aveva deciso di convertirsi, trasformando così il proprio modo di vivere. Ecco che ho visto il mio praticare come una ricerca di essere autenticamente filosofo e la pratica di consapevolezza è stata un modo inusuale per prendere contatto con le mie radici culturali di europeo mediterraneo. Vedo la possibilità per chi è interessato a comprendere la filosofia come una pratica quotidiana di esercizi spirituali di scoprire in Plum Village, o in altri luoghi simili, una scuola vivente; dove, attraverso la pratica quotidiana, poter diventare oggi praticanti-filosofi.
(Lapo Chittaro)
La percezione è indicata da Pierre Hadot come il terreno su cui è possibile un recupero dell’eredità della filosofia antica nella contemporaneità. Dobbiamo ripartire dall’accorgerci della nostra percezione, dal fatto che percepiamo e stupircene di nuovo. Come guide in questo percorso di riscoperta Hadot indica l’esperienza della filosofia fenomenologica e la filosofia di Bergson. La fenomenologia, l’opera di Merleau-ponty in particolare, ci aiutano a prendere coscienza della nostra percezione e a fare il salto dalla percezione di oggetti diversi alla percezione della totalità del mondo, in primo luogo, e in seconda battuta a fare esperienza dell’unità di percezione e mondo. Il discorso di Bergson, invece, ci guida a distinguere prima il mondo della percezione quotidiana e abituale dal mondo della scienza e della filosofia, poi a distinguere scienza e filosofia: la scienza elimina dal suo orizzonte la percezione, la filosofia la preserva nella forma particolare della percezione distaccata dell’artista. Il merito di queste due scuole filosofiche è di risvegliare dallo stato di incoscienza abituale riguardo la percezione. Questo risveglio avviene mediante due conversioni: lo spostamento dell’attenzione proposto da Bergson e la riduzione fenomenologica messa in atto da Merelau-Ponty. Queste due conversioni analoghe fanno fare un salto di coscienza dalla percezione utilitaria (lavoratore) alla percezione disinteressata (artista), dal mondo per noi al mondo per sé stesso.
Hadot mette in luce come Merleau-Ponty e Henry Bergson prendano la percezione estetica come paradigma della percezione filosofica. Compie inoltre un interessante excursus nella storia dell’arte e dell’estetica moderna che riallaccia i fili tra opera d’arte e arte di vivere, estetica e filosofia e apre all’intuizione che la migliore arte e la migliore estetica puntino entrambe a risvegliare a quello che ho chiamato stato di creazione cioè alla partecipazione cosciente al cosmo.
La dimenticanza di questa partecipazione cosmica è costitutiva della condizione umana e non caratteristica, come hanno sostenuto alcuni, della modernità scientifica, industriale e tecnologica. Questa la posizione di Pierre Hadot, si può aggiungere che la modernità probabilmente ha aggravato “l’addormentamento quotidiano” attraverso la maggiore complessità della società e la maggiore distanza dal mondo naturale. Forse però contiene in sé anche la potenzialità di alleviare questa condizione rendendo gli uomini meno legati alla fatica del lavoro, al paradigma produttivista e alle incombenze quotidiane e donando dunque uno nuovo spazio di contemplazione.
Qual è l’esercizio spirituale capace di farci fare il salto dalla coscienza abituale alla coscienza distaccata, dall’addormentamento alla coscienza cosmica? Analizzando il testo di Rousseau Fantasticherie di un passeggiatore solitario Hadot individua l’esercizio della concentrazione sull’istante presente come l’atto che permette di accedere alla coscienza cosmica; Rousseau indica questo stato di consapevolezza con il nome di sentimento dell’esistenza. Questo sentimento corrisponde all’atto cognitivo dello stupirsi del semplice esistere delle cose del mondo che Merleau-Ponty ha indicato come scaturire immotivato del mondo, avendo vissuto probabilmente un’esperienza analoga di ascolto stupito del reale. Qui incontriamo il tema del momento presente e dell’esperienza mistica come esperienza immediata della totalità del mondo e come sentimento dell’unità di soggetto e oggetto della conoscenza.
Il saggio stoico ed il saggio epicureo sono due modelli dell’antichità che esprimono concretamente l’ideale della saggezza. Lo stoico esprime come atteggiamento fondamentale il consenso gioioso al divenire del mondo, un sì rinnovato ad ogni istante alla ragione universale che governa il cosmo. L’epicureo perseguendo la pace dell’anima e il puro piacere di esistere e, considerando il mondo come effetto del caso, sperimenta ogni istante come una sorta di miracolo inatteso. Vediamo qui la centralità del momento presente e l’immersione piena di stupore nel cosmo emergere in due concezioni quasi antitetiche della realtà.
C’è un’analogia tra percezione del mondo e percezione della saggezza: così come attraverso la conversione della percezione arriviamo a percepire la totalità del mondo e la non separazione tra percezione e mondo, analogamente contemplando la figura del saggio arriviamo a toccare la saggezza e a sentire la nostra non separazione da lei. Finalmente si rivelano il mondo, nella coscienza del saggio, e la coscienza del saggio, immersa nella totalità del mondo. Ecco il momento del nostro contatto contingente con la saggezza.
Epilogo esperienziale
Nella sala di meditazione principale di Upper Hamlet, Plum Village, si può leggere nel rosone sopra la porta d’ingresso le tre parole guida della pratica spirituale che qui viene trasmessa: Smṛti, Samadhi, Prajña. Smṛti può essere reso come presenza mentale o ricordo, Samadhi come concentrazione e Prajña come saggezza, intuizione o realizzazione. La pratica spirituale parte dalla presenza mentale (concentrazione sull’istante presente) e, attraverso l’immersione nella realtà dell’inter-essere, vuole portare alla comprensione profonda dell’esistenza. Interessere è un altro nome, un’altra parola, piena di esperienza, per indicare lo stato di creazione: quello stato di coscienza consapevole della totalità del mondo e della non separazione o unità tra/di percezione e mondo, soggetto e oggetto.
Abbiamo tracciato un filo rosso che mette in collegamento filosofia antica, estetica moderna e pratica spirituale contemporanea. Comune è un modo di vivere che valorizza l’attenzione alla percezione, la consapevolezza della necessità di una conversione dell’attenzione, l’esercizio del vivere nel momento presente e il dirigersi verso l’esperienza immediata della Realtà.
Durante i miei studi di filosofia mi sono appassionato alle ricerche di Pierre Hadot sulle scuole filosofiche della tarda antichità. Ero affascinato dai racconti sull'imperatore filosofo Marco Aurelio e sul filosofo mistico Plotino. Pensavo che quella stagione della filosofia fosse del tutto tramontata, ma mi sono dovuto ricredere. Mi sono infatti imbattuto nella tradizione di pratica di consapevolezza di Thich Nhat Hanh e per me è stato subito evidente che era un moderno Epitetto, un moderno Epicuro, un moderno Plotino.
Mi sono approcciato allo studio della tradizione di Thich Nhat Hanh come lo avrebbe fatto un discepolo di una scuola filosofica della tarda antichità. Allora infatti, ci racconta Pierre Hadot, era considerato filosofo colui che metteva in pratica nella propria vita quotidiana gli insegnamenti di una scuola filosofica a cui aveva deciso di convertirsi, trasformando così il proprio modo di vivere. Ecco che ho visto il mio praticare come una ricerca di essere autenticamente filosofo e la pratica di consapevolezza è stata un modo inusuale per prendere contatto con le mie radici culturali di europeo mediterraneo. Vedo la possibilità per chi è interessato a comprendere la filosofia come una pratica quotidiana di esercizi spirituali di scoprire in Plum Village, o in altri luoghi simili, una scuola vivente; dove, attraverso la pratica quotidiana, poter diventare oggi praticanti-filosofi.
(Lapo Chittaro)