Letture
Vivere con gli elementi
Per una liturgia terrestre I nostri atti più quotidiani possono divenire porte per entrare in comunione autentica con la Terra. La parola liturgia, che ricorrerà spesso nelle prossime righe, letteralmente vuol dire “azione comune”. L’invito è a tornare a vivere insieme agli elementi. Vi invito ad una preghiera comune di corpi ed elementi.
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Aria
Il primo atto liturgico che ci riguarda in quanto esseri incarnati è il respiro. Se osserviamo in profondità l’atto di respirare vediamo che questo ci mette in relazione con le foreste e con gli oceani. I polmoni umani emettono una sostanza che è gradita alle foreste e le foreste fanno lo stesso per gli umani; è un vero e proprio circolo virtuoso e vitale di cui troppo poco spesso siamo consapevoli.
Bisogna mettere in luce anche ciò che interferisce in questo scambio amorevole, è quello che chiamiamo inquinamento dell’aria: fumi delle industrie, le emissioni dei tubi di scappamento, l’abbattimento delle foreste, ecc.
Questo atto di respirare ci dice anche che il nostro primo luogo di appartenenza è l’aria, nell’essere immersi nell’aria ci troviamo a nostro agio. Nell’ispirazione ci riposiamo, nell’espirazione ci doniamo; ad ogni ciclo di respirazione possiamo sentirci più vicini alle foreste, più vicini agli oceani.
Sentiamo che non è la stessa cosa respirare in una foresta vergine e in mezzo al traffico, se l’aria ci mette a nostro agio, l’aria pura di una foresta ci rigenera e ci dona una felicità sconfinata.
Acqua
Il secondo atto liturgico su cui voglio portare l’attenzione è il contatto con l’acqua. Questo contatto avviene ogni giorno nelle nostre case, nelle sale da bagno e nelle nostre cucine; ci è familiare il gesto di bere un bicchiere d’acqua. Tutte queste occasioni di incontro con l’acqua possono diventare momenti di celebrazione della liturgia dell’acqua.
Bevendo un bicchiere d’acqua siamo in contatto con le cime delle montagne, con i ghiacciai, con le profondità della terra e le sue falde, con i fiumi che scorrono, con i mari in cui si riversano i fiumi e con le nuvole e la pioggia che danno nuovo inizio al corso dell’acqua. Il bere un bicchiere d’acqua è un’occasione per sentirci parte della creazione, per entrare in questa dimensione cosmica della coscienza. Sorgiamo dalla Terra e torniamo alla Terra, siamo parte di questo fluire cosmico delle acque.
Se siamo in questo intimo contatto con le acque sentiremo che vedendo un fiume in secca o non vedendo più un ghiacciaio dove una volta era presente, il nostro cuore si stringe; ne soffriamo e non possiamo più sentirci indifferenti di fronte a questa evidenza. Vedere minacciata la fatticità degli elementi ci fa soffrire e ci rivela l’ingiustizia presente nel nostro modo di vivere.
Anche nella relazione personale con le acque sentiamo la differenza se a nutrirci è l’acqua raccolta vicina ad una fonte piena di vitalità o l’acqua che viene da un fiume in cui scaricano le industrie e poi trattata per essere resa potabile. In ogni caso l’acqua conserva il suo potere purificatore e rasserenante capace di liberarci dalle nostre inquietudini; a volte diciamo che ci rimette al mondo ed è proprio così, possiamo dire che al di là delle nostre diverse vicende personali ogni giorno riceviamo il dono dell’acqua che ci grazia.
Terra
Il terzo atto liturgico riguarda la relazione con il cibo, il momento del pasto può divenire un momento di profonda intimità con la Creazione. E’ evidente il sostegno che riceviamo nell’atto di nutrirci, tutto il cosmo ci sostiene e ci dà energia così che noi possiamo compiere la nostra opera.
Ma c’è di più non sono liturgia solo il preparare il cibo, il masticare, l’assaporare e il digerire; anche l’atto di coltivare il cibo, fare l’orto può essere un atto di grande profondità rituale e liturgica. Facendo l’orto impariamo l’umiltà, la vera obbedienza, e la reverenza per la vita; comprendiamo maggiormente il valore del cibo che ogni giorno riceviamo nel piatto; siamo energizzati e risanati dall’entrare in sinergia con la dinamica creativa della natura.
Se non siamo nelle condizioni di avere un orto anche l’acquisto consapevole può essere un atto liturgico fecondo: scegliamo un produttore/contadino di fiducia, nel cui lavoro riconosciamo il valore del rispetto della vita e lo sosteniamo nella sua opera preziosa. Possiamo sentire la profonda gratitudine per il suo lavoro che rispetta il suolo e dona vero cibo salutare, spesso per un salario che non riconosce il vero valore del suo operare.
Fuoco
Il quarto atto liturgico riguarda la relazione con il sole e il suo dono di luce e calore. Sappiamo che il moto della Terra, del Sole e della Luna creano dei cicli che diventano la base su cui fondiamo la nostra relazione con il tempo.
L’anno solare è strutturato dai suoi due solstizi ed equinozi che dividono l’anno in quattro stagioni, ognuna con il suo stato d’animo fondamentale. Il primo passo della liturgia del fuoco potrebbe essere entrare in sintonia con il sentimento della stagione, sentire la stagione in cui siamo.
Il ciclo mensile sappiamo che è basto sul ciclo della luce legato alla luna, anche qui possiamo provare a sentire come le fasi della luna influenzano il nostro sentimento delle settimane del mese. Una settimana potrebbe spingerci ad un nuovo inizio, un’altra a fare mente locale sulle nostre aspirazioni, la successiva a goderci ciò che abbiamo e l’ultima a risparmiare le energie e riposarci. Questo è solo un possibile esempio, l’essenziale sta nel sentire la diversa atmosfera al cambiare delle settimane.
Anche la settimana ha i suoi ritmi, principalmente di attività e riposo; i giorni si differenziano come giorni feriali e giorni festivi. La liturgia settimanale è il luogo appropriato per chiedersi se si ha il giusto equilibrio tra attività e risposo, tra azione e ozio.
Il giorno stesso ha la sua liturgia del fuoco, è bello alzarsi presto per vedere sorgere il sole, fare il piccolo sacrificio di alzarsi presto per accogliere il dono di un nuovo giorno. La giornata ha il suo equilibrio energetico che cambia costantemente a seconda della relazione tra Sole e Terra. E’ bello e salutare adeguare il proprio vivere alle condizioni di luce e calore offerte dal Sole. Il caldo ci spinge all’immobilità, il freddo ci attiva. Per questo nelle giornate torride d’estate siamo spinti a darci alla siesta e nelle rigide giornate d’inverno a spaccare legna per scaldarci.
La vita in città e l’uso intensivo della luce artificiale e dell’energia elettrica ci hanno allontanato da queste evidenze e dalla liturgia naturale del fuoco. Spesso questi discorsi ci sembrano a primo impatto lontani dalla nostra esperienza. Basta un periodo di vita in cui si decide di abitare in campagna con l’intento di abitare (poeticamente) la Terra e tutte queste evidenze legate alla liturgia degli elementi torneranno evidenti.
Piccola digressione sul cielo
Di giorno il palcoscenico del cielo è occupato da quella stella che chiamiamo Sole. La sua presenza fa manifestare l’azzurro della nostra atmosfera terrestre. E’ in questo azzurro che portiamo avanti le nostre vite quotidiane. Al calare del Sole si fa presente il cielo stellato, il Sole non è più il protagonista ma invece si mostra lo spazio sconfinato con le sue innumerabili stelle.
Alcuni sostengono che è proprio dall’esperienza di contemplazione del cielo stellato che origina il sentimento religioso, il senso del mistero e del sacro.
In effetti il Sole, che si mostra come il possente fondamento della vita sulla Terra di giorno, di notte si rivela come uno dei tanti puntini luminosi nello spazio sconfinato. Questa esperienza di relativizzazione del nostro punto di vista ci fa percepire, al tempo stesso, la nostra piccolezza e la nostra partecipazione ad un’avventura misteriosamente grande.
Spazio
Contemplando il cielo siamo già entrati nella liturgia dello spazio. L’esperienza della contemplazione del cielo è forse la più capace delle esperienze sensoriali di darci il senso dello spazio sconfinato. E’ vero anche che questa esperienza di spazio sconfinato o della vastità dello spazio è possibile farla contemplando il paesaggio che si offre alla vista dalla cima di un colle o di un monte. Nelle nostre città spesso si incontrano luoghi pensati dagli uomini per fare questa esperienza della vastità dello spazio o della visione dall’alto delle cose chiamati belvedere.
L’esperienza della spaziosità può essere un’esperienza tutta mentale o persino del cuore, non legata alle condizioni esteriori e alla percezione sensoriale. Questo senso di avere spazio in sé, della vastità del proprio animo che può accogliere tutto, è stato tradizionalmente chiamato magnanimità ed è un elemento interiore che contribuisce fortemente al senso di felicità della persona.
Suggerimenti di lettura:
Raimon Panikkar, Ecosofia. La saggezza della Terra, Milano, Jaca Book, 2023.
Jean-Yves Leloup, Per un’ecologia integrale. Ecologie ed ecosofia, Torino, Lindau, 2023.
Thich Nhat Hanh, Lettera d’amore alla Madre Terra, Milano, Garzanti, 2021.
(Lapo Chittaro)
Il primo atto liturgico che ci riguarda in quanto esseri incarnati è il respiro. Se osserviamo in profondità l’atto di respirare vediamo che questo ci mette in relazione con le foreste e con gli oceani. I polmoni umani emettono una sostanza che è gradita alle foreste e le foreste fanno lo stesso per gli umani; è un vero e proprio circolo virtuoso e vitale di cui troppo poco spesso siamo consapevoli.
Bisogna mettere in luce anche ciò che interferisce in questo scambio amorevole, è quello che chiamiamo inquinamento dell’aria: fumi delle industrie, le emissioni dei tubi di scappamento, l’abbattimento delle foreste, ecc.
Questo atto di respirare ci dice anche che il nostro primo luogo di appartenenza è l’aria, nell’essere immersi nell’aria ci troviamo a nostro agio. Nell’ispirazione ci riposiamo, nell’espirazione ci doniamo; ad ogni ciclo di respirazione possiamo sentirci più vicini alle foreste, più vicini agli oceani.
Sentiamo che non è la stessa cosa respirare in una foresta vergine e in mezzo al traffico, se l’aria ci mette a nostro agio, l’aria pura di una foresta ci rigenera e ci dona una felicità sconfinata.
Acqua
Il secondo atto liturgico su cui voglio portare l’attenzione è il contatto con l’acqua. Questo contatto avviene ogni giorno nelle nostre case, nelle sale da bagno e nelle nostre cucine; ci è familiare il gesto di bere un bicchiere d’acqua. Tutte queste occasioni di incontro con l’acqua possono diventare momenti di celebrazione della liturgia dell’acqua.
Bevendo un bicchiere d’acqua siamo in contatto con le cime delle montagne, con i ghiacciai, con le profondità della terra e le sue falde, con i fiumi che scorrono, con i mari in cui si riversano i fiumi e con le nuvole e la pioggia che danno nuovo inizio al corso dell’acqua. Il bere un bicchiere d’acqua è un’occasione per sentirci parte della creazione, per entrare in questa dimensione cosmica della coscienza. Sorgiamo dalla Terra e torniamo alla Terra, siamo parte di questo fluire cosmico delle acque.
Se siamo in questo intimo contatto con le acque sentiremo che vedendo un fiume in secca o non vedendo più un ghiacciaio dove una volta era presente, il nostro cuore si stringe; ne soffriamo e non possiamo più sentirci indifferenti di fronte a questa evidenza. Vedere minacciata la fatticità degli elementi ci fa soffrire e ci rivela l’ingiustizia presente nel nostro modo di vivere.
Anche nella relazione personale con le acque sentiamo la differenza se a nutrirci è l’acqua raccolta vicina ad una fonte piena di vitalità o l’acqua che viene da un fiume in cui scaricano le industrie e poi trattata per essere resa potabile. In ogni caso l’acqua conserva il suo potere purificatore e rasserenante capace di liberarci dalle nostre inquietudini; a volte diciamo che ci rimette al mondo ed è proprio così, possiamo dire che al di là delle nostre diverse vicende personali ogni giorno riceviamo il dono dell’acqua che ci grazia.
Terra
Il terzo atto liturgico riguarda la relazione con il cibo, il momento del pasto può divenire un momento di profonda intimità con la Creazione. E’ evidente il sostegno che riceviamo nell’atto di nutrirci, tutto il cosmo ci sostiene e ci dà energia così che noi possiamo compiere la nostra opera.
Ma c’è di più non sono liturgia solo il preparare il cibo, il masticare, l’assaporare e il digerire; anche l’atto di coltivare il cibo, fare l’orto può essere un atto di grande profondità rituale e liturgica. Facendo l’orto impariamo l’umiltà, la vera obbedienza, e la reverenza per la vita; comprendiamo maggiormente il valore del cibo che ogni giorno riceviamo nel piatto; siamo energizzati e risanati dall’entrare in sinergia con la dinamica creativa della natura.
Se non siamo nelle condizioni di avere un orto anche l’acquisto consapevole può essere un atto liturgico fecondo: scegliamo un produttore/contadino di fiducia, nel cui lavoro riconosciamo il valore del rispetto della vita e lo sosteniamo nella sua opera preziosa. Possiamo sentire la profonda gratitudine per il suo lavoro che rispetta il suolo e dona vero cibo salutare, spesso per un salario che non riconosce il vero valore del suo operare.
Fuoco
Il quarto atto liturgico riguarda la relazione con il sole e il suo dono di luce e calore. Sappiamo che il moto della Terra, del Sole e della Luna creano dei cicli che diventano la base su cui fondiamo la nostra relazione con il tempo.
L’anno solare è strutturato dai suoi due solstizi ed equinozi che dividono l’anno in quattro stagioni, ognuna con il suo stato d’animo fondamentale. Il primo passo della liturgia del fuoco potrebbe essere entrare in sintonia con il sentimento della stagione, sentire la stagione in cui siamo.
Il ciclo mensile sappiamo che è basto sul ciclo della luce legato alla luna, anche qui possiamo provare a sentire come le fasi della luna influenzano il nostro sentimento delle settimane del mese. Una settimana potrebbe spingerci ad un nuovo inizio, un’altra a fare mente locale sulle nostre aspirazioni, la successiva a goderci ciò che abbiamo e l’ultima a risparmiare le energie e riposarci. Questo è solo un possibile esempio, l’essenziale sta nel sentire la diversa atmosfera al cambiare delle settimane.
Anche la settimana ha i suoi ritmi, principalmente di attività e riposo; i giorni si differenziano come giorni feriali e giorni festivi. La liturgia settimanale è il luogo appropriato per chiedersi se si ha il giusto equilibrio tra attività e risposo, tra azione e ozio.
Il giorno stesso ha la sua liturgia del fuoco, è bello alzarsi presto per vedere sorgere il sole, fare il piccolo sacrificio di alzarsi presto per accogliere il dono di un nuovo giorno. La giornata ha il suo equilibrio energetico che cambia costantemente a seconda della relazione tra Sole e Terra. E’ bello e salutare adeguare il proprio vivere alle condizioni di luce e calore offerte dal Sole. Il caldo ci spinge all’immobilità, il freddo ci attiva. Per questo nelle giornate torride d’estate siamo spinti a darci alla siesta e nelle rigide giornate d’inverno a spaccare legna per scaldarci.
La vita in città e l’uso intensivo della luce artificiale e dell’energia elettrica ci hanno allontanato da queste evidenze e dalla liturgia naturale del fuoco. Spesso questi discorsi ci sembrano a primo impatto lontani dalla nostra esperienza. Basta un periodo di vita in cui si decide di abitare in campagna con l’intento di abitare (poeticamente) la Terra e tutte queste evidenze legate alla liturgia degli elementi torneranno evidenti.
Piccola digressione sul cielo
Di giorno il palcoscenico del cielo è occupato da quella stella che chiamiamo Sole. La sua presenza fa manifestare l’azzurro della nostra atmosfera terrestre. E’ in questo azzurro che portiamo avanti le nostre vite quotidiane. Al calare del Sole si fa presente il cielo stellato, il Sole non è più il protagonista ma invece si mostra lo spazio sconfinato con le sue innumerabili stelle.
Alcuni sostengono che è proprio dall’esperienza di contemplazione del cielo stellato che origina il sentimento religioso, il senso del mistero e del sacro.
In effetti il Sole, che si mostra come il possente fondamento della vita sulla Terra di giorno, di notte si rivela come uno dei tanti puntini luminosi nello spazio sconfinato. Questa esperienza di relativizzazione del nostro punto di vista ci fa percepire, al tempo stesso, la nostra piccolezza e la nostra partecipazione ad un’avventura misteriosamente grande.
Spazio
Contemplando il cielo siamo già entrati nella liturgia dello spazio. L’esperienza della contemplazione del cielo è forse la più capace delle esperienze sensoriali di darci il senso dello spazio sconfinato. E’ vero anche che questa esperienza di spazio sconfinato o della vastità dello spazio è possibile farla contemplando il paesaggio che si offre alla vista dalla cima di un colle o di un monte. Nelle nostre città spesso si incontrano luoghi pensati dagli uomini per fare questa esperienza della vastità dello spazio o della visione dall’alto delle cose chiamati belvedere.
L’esperienza della spaziosità può essere un’esperienza tutta mentale o persino del cuore, non legata alle condizioni esteriori e alla percezione sensoriale. Questo senso di avere spazio in sé, della vastità del proprio animo che può accogliere tutto, è stato tradizionalmente chiamato magnanimità ed è un elemento interiore che contribuisce fortemente al senso di felicità della persona.
Suggerimenti di lettura:
Raimon Panikkar, Ecosofia. La saggezza della Terra, Milano, Jaca Book, 2023.
Jean-Yves Leloup, Per un’ecologia integrale. Ecologie ed ecosofia, Torino, Lindau, 2023.
Thich Nhat Hanh, Lettera d’amore alla Madre Terra, Milano, Garzanti, 2021.
(Lapo Chittaro)