Letture
Essere corpo
di Jader Tolja e Tere Puig
di Jader Tolja e Tere Puig
Finché non è nella carne, la conoscenza è solo rumore. Proverbio africano Perché ci sono abiti nei quali ci sentiamo più a nostro agio di altri sebbene siano proprio gli altri quelli che riteniamo più belli? Perché dopo una passeggiata in un ambiente all’aperto ci sentiamo più radicati, il respiro più tranquillo e ci sembra di avere meno paura? Perché tante volte all’uscita dal lavoro abbiamo la sensazione di esserci tolti un peso dallo stomaco? Perché quella distorsione durante il mio jogging mattutino o quel senso di inadeguatezza dopo la lezione di tango che pure mi diverte così tanto? |
Tutte semplici, quasi banali domande a cui spesso prestiamo poca attenzione o alle quali pensiamo di avere risposte ovvie e che invece, se opportunamente valutate, possono aiutarci a riconsiderare completamente il rapporto con il nostro corpo, riscoprendolo come prezioso strumento di auto-conoscenza.
Difatti, è proprio in forma di domanda e risposta che si articola il libro di Jader Tolja e Tere Puig (il primo medico, ricercatore e trainer di anatomia esperienziale, la seconda scrittrice e insegnante di yoga, coinvolta nella promozione di cambiamenti di tipo culturale), quasi un dialogo tra un uomo comune, mediamente scettico nei confronti di certe teorie, e qualcuno con un pò più di “sapienza” (dal verbo sapio che in latino proviene da una radice che significa “assaporare”, “gustare”, diverso da cognosco che allude principalmente ad una comprensione di tipo intellettuale).
“Essere corpo” in contrapposizione alla visione comune di “avere un corpo”, attraverso un semplice gioco di parole e lo scambio di un ausiliare, invita chi legge a rivalutare completamente il ruolo generalmente attribuito al proprio corpo, alle sue emozioni e al suo sentire che ci abitano e che ci rivelano molte più informazioni di quante possiamo immaginare.
La riflessione si snoda secondo un alternarsi di capitoli tesi a dimostrare, attraverso esempi molto pratici, come moltissimi ambiti del nostro vivere, dallo sport all’architettura, al design, alla moda, alla salute, alla spiritualità etc. siano stati nel corso dei decenni influenzati e modificati secondo i principi della volontà e quindi della mente o del pensiero invece che da quelli del sentire, del piacere e quindi del corpo.
Le viscere sono il vero centro della persona, il vero nucleo fisiologico e il vero nucleo emotivo.
Persino un lavoro estremamente brillante e sofisticato, se non coinvolge anche il nostro livello viscerale, se cioè non arriva al nostro “cane interiore”, è solo un cambiamento comportamentale.
Sì, sì: si parla proprio di cane, così come di gatto, animali che qualsiasi cosa facciano è sempre con tutto se stessi. Eppure il nostro vivere quotidiano spesso è pieno zeppo di cose che non obbediscono a questo principio del piacere preferendogli quello del dovere, della fatica necessaria a perseguire i giusti obiettivi e della sofferenza indispensabile ad ottenere ciò di cui reputiamo avere veramente bisogno.
Si parla a tal proposito di tecnica. Siamo nel capitolo Ricollocare il corpo al posto che gli spetta e la lettura cattura particolarmente la mia attenzione. Mi occorre fare un breve inciso di vissuto personale. Sono un’attrice-danzatrice e nella mia formazione ho speso molti anni ad “acquisire” tecniche, per assecondare un bisogno autentico di studio e conoscenza in un ambito troppo semplicisticamente e frequentemente affidato alle capacità innate ed espressive di chi può dirsi “naturalmente" dotato. Tuttavia, a lungo andare, il processo di studio e pratica di discipline corporee, spesso faticose, ha cominciato a suscitare in me qualche perplessità, diventata poi col tempo dubbio e infine diffidenza. I perché possono essere molti ma, senza dilungarsi troppo, credo che in questo libro si possano trovare alcune possibili risposte alla questione.
Non negando il valore del lavoro o dell’apprendimento, ci si sofferma sulle possibilità di insidie intrinseche all’acquisizione di competenze, tanto pericolose quanto non sospette. Viene detto, infatti, che quando si impara bene una tecnica c’è pericolo che la si utilizzi per evitare di entrare in relazione con parti di sé. Allora si usa la tecnica per controllare invece che per scoprire. E questo crea distanza tanto con chi reputiamo nostro maestro, quanto con i compagni di lavoro ma soprattutto con noi stessi.
E così gli autori continuano, muovendosi da un contesto all’altro, sostenendo in sostanza il principio secondo il quale laddove c’è piacere (viscerale) non c’è davvero stanchezza, raramente traumi o malattie.
Si mette però bene in guardia da una differenza fondamentale e cioè quella tra piacere fisico e mentale. Spesso crediamo di obbedire al primo, quando facciamo qualcosa che davvero ci piace come uno sport che ci procura benessere o qualsiasi altra attività che abbiamo gusto a fare. In realtà, si può nascondere qualche trabocchetto di cui la nostra mente è inconsapevole e in quanto tale che non riesce a riconoscere. Accade infatti, che stiamo soltanto obbedendo ad una volontà, ancora una volta ad un pensiero dal momento che leghiamo il nostro piacere al raggiungimento o meno di un obiettivo, uno scopo che solo la nostra razionalità ha decretato necessario per la nostra felicità, gratificazione, autostima.
Sono spesso sfide a cui ci invita semplicemente il mondo fuori da noi e lo fa in maniera talmente sottile da illuderci invece che siano proprio nostre.
Tutto ciò può non aver nulla a che vedere con il piacere reale che invece il nostro corpo sa riconoscere perfettamente, immediatamente e tutto sta nel rivitalizzare la nostra capacità di riascoltarlo.
Il nostro corpo possiede tutte le informazioni necessarie al nostro stare bene: sentire il proprio corpo dall’interno non è qualcosa che deve essere costruito, ma già presente in chiunque. E’ semmai l’interruzione di questo canale percettivo che è stata costruita nel corso di un’esistenza. Le sensazioni sono ancora tutte là, totalmente integre, ed è sufficiente distrarre la mente dai propri pensieri perché riemergano in tutta la loro potenza, bellezza e chiarezza per darci le indicazioni di cui abbiamo davvero bisogno.
Il libro si dipana ancora con importanti riflessioni come quelle sull’essere corpo nel lavoro, ovvero sulla necessità di vivere il luogo di lavoro come un luogo di piacere, di piena realizzazione dal momento che spesso vi si trascorrono moltissime ore della nostra vita, oppure sul ruolo del corpo nella spiritualità.
Insomma, potremmo dire in breve che ciò a cui si è invitati è lasciare spazio alle proprie inclinazioni e aspirazioni, quelle più profonde che a volte sembra facciano fatica ad emergere e che invece sono già tutte lì e il corpo lo sa.
Fare la cosa giusta è collocarsi al proprio posto, quello che ci appartiene e a cui apparteniamo. Quello dove finiamo per ritrovarci naturalmente se la mente non interferisce con il fluire della nostra vita.
A volte il cambiamento può avvenire con un clic immediato, altre volte secondo un processo lungo e progressivo. Quando è questa seconda modalità a prevalere può accadere che gradualmente ci rendiamo conto della metafora in cui ci stiamo muovendo, dei suoi limiti e delle sue alternative.
Quando ciò avviene è come se piantassimo un albero nella foresta del cambiamento.
Essere corpo, Jader Tolja e Tere Puig, TEA, 2017
3 agosto 2023
Consigli di lettura affini:
- Pensare col corpo, Jader Tolja e Francesca Speciali, TEA, 2010.
- Insegnaci la quiete, Tim Parks, Mondador, 2010.
- Ascolta e guarisci il tuo corpo, Laura Bertelé, Mondadori, 2011.
- La pazienza della quercia, Beronda L. Montgomery, Il Margine, 2021.
© (Antonietta Fusco)
Difatti, è proprio in forma di domanda e risposta che si articola il libro di Jader Tolja e Tere Puig (il primo medico, ricercatore e trainer di anatomia esperienziale, la seconda scrittrice e insegnante di yoga, coinvolta nella promozione di cambiamenti di tipo culturale), quasi un dialogo tra un uomo comune, mediamente scettico nei confronti di certe teorie, e qualcuno con un pò più di “sapienza” (dal verbo sapio che in latino proviene da una radice che significa “assaporare”, “gustare”, diverso da cognosco che allude principalmente ad una comprensione di tipo intellettuale).
“Essere corpo” in contrapposizione alla visione comune di “avere un corpo”, attraverso un semplice gioco di parole e lo scambio di un ausiliare, invita chi legge a rivalutare completamente il ruolo generalmente attribuito al proprio corpo, alle sue emozioni e al suo sentire che ci abitano e che ci rivelano molte più informazioni di quante possiamo immaginare.
La riflessione si snoda secondo un alternarsi di capitoli tesi a dimostrare, attraverso esempi molto pratici, come moltissimi ambiti del nostro vivere, dallo sport all’architettura, al design, alla moda, alla salute, alla spiritualità etc. siano stati nel corso dei decenni influenzati e modificati secondo i principi della volontà e quindi della mente o del pensiero invece che da quelli del sentire, del piacere e quindi del corpo.
Le viscere sono il vero centro della persona, il vero nucleo fisiologico e il vero nucleo emotivo.
Persino un lavoro estremamente brillante e sofisticato, se non coinvolge anche il nostro livello viscerale, se cioè non arriva al nostro “cane interiore”, è solo un cambiamento comportamentale.
Sì, sì: si parla proprio di cane, così come di gatto, animali che qualsiasi cosa facciano è sempre con tutto se stessi. Eppure il nostro vivere quotidiano spesso è pieno zeppo di cose che non obbediscono a questo principio del piacere preferendogli quello del dovere, della fatica necessaria a perseguire i giusti obiettivi e della sofferenza indispensabile ad ottenere ciò di cui reputiamo avere veramente bisogno.
Si parla a tal proposito di tecnica. Siamo nel capitolo Ricollocare il corpo al posto che gli spetta e la lettura cattura particolarmente la mia attenzione. Mi occorre fare un breve inciso di vissuto personale. Sono un’attrice-danzatrice e nella mia formazione ho speso molti anni ad “acquisire” tecniche, per assecondare un bisogno autentico di studio e conoscenza in un ambito troppo semplicisticamente e frequentemente affidato alle capacità innate ed espressive di chi può dirsi “naturalmente" dotato. Tuttavia, a lungo andare, il processo di studio e pratica di discipline corporee, spesso faticose, ha cominciato a suscitare in me qualche perplessità, diventata poi col tempo dubbio e infine diffidenza. I perché possono essere molti ma, senza dilungarsi troppo, credo che in questo libro si possano trovare alcune possibili risposte alla questione.
Non negando il valore del lavoro o dell’apprendimento, ci si sofferma sulle possibilità di insidie intrinseche all’acquisizione di competenze, tanto pericolose quanto non sospette. Viene detto, infatti, che quando si impara bene una tecnica c’è pericolo che la si utilizzi per evitare di entrare in relazione con parti di sé. Allora si usa la tecnica per controllare invece che per scoprire. E questo crea distanza tanto con chi reputiamo nostro maestro, quanto con i compagni di lavoro ma soprattutto con noi stessi.
E così gli autori continuano, muovendosi da un contesto all’altro, sostenendo in sostanza il principio secondo il quale laddove c’è piacere (viscerale) non c’è davvero stanchezza, raramente traumi o malattie.
Si mette però bene in guardia da una differenza fondamentale e cioè quella tra piacere fisico e mentale. Spesso crediamo di obbedire al primo, quando facciamo qualcosa che davvero ci piace come uno sport che ci procura benessere o qualsiasi altra attività che abbiamo gusto a fare. In realtà, si può nascondere qualche trabocchetto di cui la nostra mente è inconsapevole e in quanto tale che non riesce a riconoscere. Accade infatti, che stiamo soltanto obbedendo ad una volontà, ancora una volta ad un pensiero dal momento che leghiamo il nostro piacere al raggiungimento o meno di un obiettivo, uno scopo che solo la nostra razionalità ha decretato necessario per la nostra felicità, gratificazione, autostima.
Sono spesso sfide a cui ci invita semplicemente il mondo fuori da noi e lo fa in maniera talmente sottile da illuderci invece che siano proprio nostre.
Tutto ciò può non aver nulla a che vedere con il piacere reale che invece il nostro corpo sa riconoscere perfettamente, immediatamente e tutto sta nel rivitalizzare la nostra capacità di riascoltarlo.
Il nostro corpo possiede tutte le informazioni necessarie al nostro stare bene: sentire il proprio corpo dall’interno non è qualcosa che deve essere costruito, ma già presente in chiunque. E’ semmai l’interruzione di questo canale percettivo che è stata costruita nel corso di un’esistenza. Le sensazioni sono ancora tutte là, totalmente integre, ed è sufficiente distrarre la mente dai propri pensieri perché riemergano in tutta la loro potenza, bellezza e chiarezza per darci le indicazioni di cui abbiamo davvero bisogno.
Il libro si dipana ancora con importanti riflessioni come quelle sull’essere corpo nel lavoro, ovvero sulla necessità di vivere il luogo di lavoro come un luogo di piacere, di piena realizzazione dal momento che spesso vi si trascorrono moltissime ore della nostra vita, oppure sul ruolo del corpo nella spiritualità.
Insomma, potremmo dire in breve che ciò a cui si è invitati è lasciare spazio alle proprie inclinazioni e aspirazioni, quelle più profonde che a volte sembra facciano fatica ad emergere e che invece sono già tutte lì e il corpo lo sa.
Fare la cosa giusta è collocarsi al proprio posto, quello che ci appartiene e a cui apparteniamo. Quello dove finiamo per ritrovarci naturalmente se la mente non interferisce con il fluire della nostra vita.
A volte il cambiamento può avvenire con un clic immediato, altre volte secondo un processo lungo e progressivo. Quando è questa seconda modalità a prevalere può accadere che gradualmente ci rendiamo conto della metafora in cui ci stiamo muovendo, dei suoi limiti e delle sue alternative.
Quando ciò avviene è come se piantassimo un albero nella foresta del cambiamento.
Essere corpo, Jader Tolja e Tere Puig, TEA, 2017
3 agosto 2023
Consigli di lettura affini:
- Pensare col corpo, Jader Tolja e Francesca Speciali, TEA, 2010.
- Insegnaci la quiete, Tim Parks, Mondador, 2010.
- Ascolta e guarisci il tuo corpo, Laura Bertelé, Mondadori, 2011.
- La pazienza della quercia, Beronda L. Montgomery, Il Margine, 2021.
© (Antonietta Fusco)