Letture
La contemplazione secondo Constable
Anche se il Qohélet ci ammonisce “Non c’è niente di nuovo sotto il sole” (1,9), personalmente ritengo che sia importante salutare un nuovo anno con qualche proponimento positivo, che serva da sostegno e come motivo di fondo per rinnovare la propria ricerca. Vorrei quindi dare una nuova curvatura ai miei contributi, nella direzione di promuovere una maggiore sinestesia tra i differenti domini in cui si è soliti classificare un po' sbrigativamente il sapere. |
La meditazione non può essere concepita come qualcosa di limitato alla teoresi o alla filosofia, né tanto meno alla sola dimensione pratica e nel prossimo anno cercherò di offrire apporti volti proprio in questa direzione.
All’inizio di quest’anno ho avuto la fortuna di visitare la grande mostra allestita alla Reggia di Venaria Reale nei pressi di Torino “John Constable. Paesaggi dell’anima”. Subito all’inizio uno dei pannelli espositivi che accompagnano questa mostra davvero curata e allestita in modo sapiente, ci avverte: “contemplation. The action of looking thoughtfully at something for a long time” (contemplazione. Il guardare assorto qualcosa per lungo tempo). Personalmente avrei tradotto l’inglese thoughtfully così: “con attenzione”, ma il significato mi sembra comunque chiaro.
Il termine contemplare d’altronde che, volentieri, hanno usato i mistici di tutti i tempi rimanda di per sé, in modo pregante, alla percezione visiva e dunque intraprendo con decisione questa direzione nel mio breve saggio. La tesi di fondo che intendo svolgere è proprio la seguente: guardare con attenzione, guardare veramente ci obbliga a rivoluzione tutte le nostre categorie concettuali. Forse questo è il segreto di ogni pratica meditativa: facendo davvero il vuoto delle nostre sensazioni idee identificazioni e narrazioni, ci porta a osservare e basta.
Osservando, Constable stesso ha scoperto un nuovo modo di dipingere. Esattamente come è accaduto a Turner.
Uno dei meriti di questa mostra, anche se forse non era nelle esplicite intenzioni dei curatori, ma è solo un effetto collaterale dovuto alla disponibilità di queste opere a essere prestate per la mostra, è di contenere anche alcune opere di Turner, anche se si tratta solo delle prime opere che non ci possono mostrare ciò che egli aveva davvero da affermare.
Questi pittori sono solitamente collocati dalla storia dell’arte come i massimi paesaggisti del Romanticismo. Ma la mia convinzione è tutt’altra e, osservando con attenzione, mi è apparso evidente il miracolo accaduto in Inghilterra alla fine del settecento: Constable e Turner hanno inventato, rispettivamente, l’impressionismo e l’informale, che rappresentano a mio avviso due autentiche rivoluzioni visive che hanno in seguito caratterizzato tutta la storia dell’arte dell’ottocento e del novecento.
Nella mostra sono presenti anche alcune opere di pittori inglesi coevi, che dipingevano secondo i canoni accademici: basta osservare e la differenza balza all’occhio, tutto delineato nitidamente, alberi ben disegnati e foglie dipinte con precisione quasi maniacale, estrema perfezione, ma tutto piatto e spento.
Gli alberi di Constable invece, vibrano in ogni ramo e in ogni foglia!
Nato nel Suffolk, Constable è soprattutto noto per i dipinti che riproducono Dedham Vale, la campagna collocata nelle immediate vicinanze del suo villaggio natio, per esempio, Il carro da fieno e La cattedrale di Salisbury vista dai terreni del vescovo. Questi due quadri sono presenti nella mostra e non possiamo che ringraziare Anne Lyles, la curatrice, che ha fatto in modo che questi dipinti potessero arrivare dalla Tate Gallery UK che possiede la più importante collezione al mondo di opere di Constable. La mostra in effetti abbraccia l'intero arco cronologico della sua produzione; al termine di questa esposizione alla Reggia di Venaria, le opere torneranno al Tate Museum e per lungo tempo non saranno più visibili fuori dall’Inghilterra.
Osservando bene si rafforza l’impressione che Constable, come tanto eccelsi pittori, per esempio Vermeer di Delft che dipinse sempre il medesimo interno, la medesima finestra e la stessa donna, abbia raffigurato il medesimo paesaggio elettivo: ciò che importa non è variare il soggetto che viene riprodotto ma scendere nelle profondità della raffigurazione stessa.
Come era facile aspettarsi la nuova pittura di Constable non incontrò affatto il favore degli ambienti accademici inglesi, ma, in Francia, gli entusiastici apprezzamenti di Théodore Géricault e dei pittori di Barbizon e portò alla vincita della medaglia d'oro al Salon di Parigi, dove fu esposta nel 1824.
I paesaggi da lui rappresentati, come abbiamo già ricordato, sono quelli prediletti della sua infanzia: essi vengono indagati e perlustrati in ogni più insignificante particolare. Ciò che definisce la sua pittura è proprio la capacità di indagare gli elementi visivi che formano il paesaggio: così Constable inventò e fu il vero profeta dell’impressionismo.
È noto che, ai tempi delle critiche contro gli Impressionisti, tempi in cui iniziavano i primi esperimenti fotografici, Monet, in modo provocatorio asserì si sarebbe dovuto fare una fotografia del sole al tramonto e verificare se essa era più corrispondente all’immagine di un quadro dipinto secondo i canoni accademici oppure a quello da lui realizzato.
Anche Constable era persuaso della natura scientifica della pittura, come si può evincere dalle sue lettere: "la pittura è una scienza, dovrebbe essere coltivata come se fosse un'indagine sulle leggi della natura" (pubblicate all'interno di un libro intitolato John Constable's Discourses da R. B. Beckett). Considerava i quadri nient'altro che sperimentazioni sulla natura della luce e del colore, e proprio in questo spirito si possono guardare i suoi studi sulle nuvole.
Constable iniziò a realizzarli, nel 1803, avendo intrapreso un viaggio per mare da Londra a Deal a bordo di una nave da commercio con le Indie Orientali. Fu proprio in questo periodo che Constable cominciò ad effettuare i vari studi sul cielo e sugli effetti delle nuvole. Esse risultano essere gli elementi costitutivi del paesaggio non solo del paesaggio britannico ma di ogni possibile paesaggio: si mostrano in forme infinite e con innumerevoli variazioni cromatiche e luministiche. Approfondendo questa osservazione diretta, il pittore fu in grado di dare vita ai suoi banchi di nuvole, rendendoli interpreti di una Natura che poteva essere al contempo dolcissima madre e terribile matrigna, in pieno accordo con la sensibilità romantica.
Ma se questo ci permette di cogliere in Constable lo spirito del tempo, quello del Romanticismo, non dimentichiamo mai che la sua visione nasce dall’amore per la realizzazione fedele dell’immagine veduta.
Per avere una precisa documentazione dell'aspetto del cielo e delle molteplici condizioni atmosferiche, aveva stabilito di registrare in appunti o direttamente dietro gli schizzi le varie osservazioni dei fenomeni. Per una maggiore conoscenza degli effetti atmosferici, effettuava un costante studio dello stesso soggetto in diverse stagioni e parti del giorno. In questo Constable si dimostra il precursore preciso del medesimo spirito che permise a Monet di realizzare le sue 31 versioni delle Cattedrali di Rouen.
I punti di contatto con l’impressionismo sono evidenti anche dal punto di vista tecnico: Constable applicava il colore direttamente sulla tela con pennellate veloci e intense, senza affidarsi, quindi, ad un disegno compositivo, modellando vigorosamente i volumi e i colori così da dare vita a un forte contrasto tra la vivacità della luce e le ombre, da lui definito «chiaroscuro naturale».
Non posso non ricordare che si racconta che per realizzare nel 1842 il suo celebre quadro (che si trova sempre alla Tate) “Vapore al largo di Habour’s Mounth durante una tempesta di neve” Turner si fece legare per quattro ore all’albero maestro di una nave. Molti asseriscono che si tratti solo di una leggenda, ma è verosimile che sia accaduto qualcosa di simile: di fronte a questo quadro ebbi personalmente una vera illuminazione. In esso non è possibile cogliere né un centro né elementi propriamente figurativi, si indovina a malapena l’albero della nave; è l’intuizione della pittura astratta o informale che dir si voglia di tutto il ventesimo secolo. Ma torniamo pure a Constable.
Nel 1809 Constable si era innamorato di una delle sue amiche di gioventù, Maria Elizabeth Bicknell, la loro relazione fu apertamente avversata dai genitori di lei, che disprezzavano Constable a causa delle sue ristrettezze economiche e del suo scarso prestigio sociale. Solo nell'ottobre 1816, alla morte dei genitori dell'artista e con la riscossione dell'eredità, poterono celebrare le nozze, felici e coronate anche dalla nascita di sette figli. A partire dal 1827 l’amata moglie iniziò ad avvertire i primi sintomi della tubercolosi: Constable preferì trasferirsi con la famiglia prima a Hampstead e poi a Brighton, con la speranza che il clima più mite e salubre potesse giovare alla salute della moglie. In queste due località egli ebbe l'opportunità di eseguire numerosi studi di cieli e ariose composizioni paesistiche e marine: la salute della Bicknell, tuttavia, non migliorò affatto nonostante le amorevoli cure del marito, ella morì il 23 novembre 1828, lasciando Constable nella disperazione più cupa; neanche la nomina a membro effettivo della Royal Academy del 1829 riuscì a sollevarlo da una profonda prostrazione. Ciò malgrado, egli continuò a lavorare alacremente e realizzò fra il 1829 e il 1831 il suo quadro forse più celebre “La cattedrale di Salisbury vista dai campi” (Salisbury Cathedral from the Meadows, La cattedrale di Salisbury vista dai prati). Anche questo quadro è presente in mostra e non si può che sostare a lungo stupefatti di tanta bellezza, pur nella presenza di elementi di forte conflittualità. Era stato forse un religioso che lo aveva sostenuto in questo difficile periodo seguito alla morte della moglie a spingerlo a questa raffigurazione: di certo, oltre all’arcobaleno evidente, tutto il quadro è tessuto di elementi simbolici (la tomba, il frassino, la Chiesa), che potrebbero farci vedere in Constable anche un precursore nel simbolismo.
Vorrei continuare a parlare di questo stupendo pittore ancora a lungo ma nessuna parola può sostituire la visione diretta di queste opere e non posso che spingere il lettore a visitare questa mostra: ci sarà tempo fino al 5 febbraio se non sarà ulteriormente prolungata.
Concludo perciò il mio contributo con un altro racconto.
John Constable, infine, si spense la notte del 31 marzo 1837 a Londra, stroncato da un infarto. Per tutto il giorno aveva lavorato al suo quadro “Arundel Mill and Castle” che rimase incompiuto. La Royal Academy decise comunque di esporlo come omaggio postumo all’artista. Forse il messaggio che così Constable ebbe in animo di consegnarci è che questo compito di raffigurare il Reale è, per essenza, un’opera interminabile e che conta almeno la buona volontà con cui il pittore si dedica alla propria opera.
(Sergio Gandini)
All’inizio di quest’anno ho avuto la fortuna di visitare la grande mostra allestita alla Reggia di Venaria Reale nei pressi di Torino “John Constable. Paesaggi dell’anima”. Subito all’inizio uno dei pannelli espositivi che accompagnano questa mostra davvero curata e allestita in modo sapiente, ci avverte: “contemplation. The action of looking thoughtfully at something for a long time” (contemplazione. Il guardare assorto qualcosa per lungo tempo). Personalmente avrei tradotto l’inglese thoughtfully così: “con attenzione”, ma il significato mi sembra comunque chiaro.
Il termine contemplare d’altronde che, volentieri, hanno usato i mistici di tutti i tempi rimanda di per sé, in modo pregante, alla percezione visiva e dunque intraprendo con decisione questa direzione nel mio breve saggio. La tesi di fondo che intendo svolgere è proprio la seguente: guardare con attenzione, guardare veramente ci obbliga a rivoluzione tutte le nostre categorie concettuali. Forse questo è il segreto di ogni pratica meditativa: facendo davvero il vuoto delle nostre sensazioni idee identificazioni e narrazioni, ci porta a osservare e basta.
Osservando, Constable stesso ha scoperto un nuovo modo di dipingere. Esattamente come è accaduto a Turner.
Uno dei meriti di questa mostra, anche se forse non era nelle esplicite intenzioni dei curatori, ma è solo un effetto collaterale dovuto alla disponibilità di queste opere a essere prestate per la mostra, è di contenere anche alcune opere di Turner, anche se si tratta solo delle prime opere che non ci possono mostrare ciò che egli aveva davvero da affermare.
Questi pittori sono solitamente collocati dalla storia dell’arte come i massimi paesaggisti del Romanticismo. Ma la mia convinzione è tutt’altra e, osservando con attenzione, mi è apparso evidente il miracolo accaduto in Inghilterra alla fine del settecento: Constable e Turner hanno inventato, rispettivamente, l’impressionismo e l’informale, che rappresentano a mio avviso due autentiche rivoluzioni visive che hanno in seguito caratterizzato tutta la storia dell’arte dell’ottocento e del novecento.
Nella mostra sono presenti anche alcune opere di pittori inglesi coevi, che dipingevano secondo i canoni accademici: basta osservare e la differenza balza all’occhio, tutto delineato nitidamente, alberi ben disegnati e foglie dipinte con precisione quasi maniacale, estrema perfezione, ma tutto piatto e spento.
Gli alberi di Constable invece, vibrano in ogni ramo e in ogni foglia!
Nato nel Suffolk, Constable è soprattutto noto per i dipinti che riproducono Dedham Vale, la campagna collocata nelle immediate vicinanze del suo villaggio natio, per esempio, Il carro da fieno e La cattedrale di Salisbury vista dai terreni del vescovo. Questi due quadri sono presenti nella mostra e non possiamo che ringraziare Anne Lyles, la curatrice, che ha fatto in modo che questi dipinti potessero arrivare dalla Tate Gallery UK che possiede la più importante collezione al mondo di opere di Constable. La mostra in effetti abbraccia l'intero arco cronologico della sua produzione; al termine di questa esposizione alla Reggia di Venaria, le opere torneranno al Tate Museum e per lungo tempo non saranno più visibili fuori dall’Inghilterra.
Osservando bene si rafforza l’impressione che Constable, come tanto eccelsi pittori, per esempio Vermeer di Delft che dipinse sempre il medesimo interno, la medesima finestra e la stessa donna, abbia raffigurato il medesimo paesaggio elettivo: ciò che importa non è variare il soggetto che viene riprodotto ma scendere nelle profondità della raffigurazione stessa.
Come era facile aspettarsi la nuova pittura di Constable non incontrò affatto il favore degli ambienti accademici inglesi, ma, in Francia, gli entusiastici apprezzamenti di Théodore Géricault e dei pittori di Barbizon e portò alla vincita della medaglia d'oro al Salon di Parigi, dove fu esposta nel 1824.
I paesaggi da lui rappresentati, come abbiamo già ricordato, sono quelli prediletti della sua infanzia: essi vengono indagati e perlustrati in ogni più insignificante particolare. Ciò che definisce la sua pittura è proprio la capacità di indagare gli elementi visivi che formano il paesaggio: così Constable inventò e fu il vero profeta dell’impressionismo.
È noto che, ai tempi delle critiche contro gli Impressionisti, tempi in cui iniziavano i primi esperimenti fotografici, Monet, in modo provocatorio asserì si sarebbe dovuto fare una fotografia del sole al tramonto e verificare se essa era più corrispondente all’immagine di un quadro dipinto secondo i canoni accademici oppure a quello da lui realizzato.
Anche Constable era persuaso della natura scientifica della pittura, come si può evincere dalle sue lettere: "la pittura è una scienza, dovrebbe essere coltivata come se fosse un'indagine sulle leggi della natura" (pubblicate all'interno di un libro intitolato John Constable's Discourses da R. B. Beckett). Considerava i quadri nient'altro che sperimentazioni sulla natura della luce e del colore, e proprio in questo spirito si possono guardare i suoi studi sulle nuvole.
Constable iniziò a realizzarli, nel 1803, avendo intrapreso un viaggio per mare da Londra a Deal a bordo di una nave da commercio con le Indie Orientali. Fu proprio in questo periodo che Constable cominciò ad effettuare i vari studi sul cielo e sugli effetti delle nuvole. Esse risultano essere gli elementi costitutivi del paesaggio non solo del paesaggio britannico ma di ogni possibile paesaggio: si mostrano in forme infinite e con innumerevoli variazioni cromatiche e luministiche. Approfondendo questa osservazione diretta, il pittore fu in grado di dare vita ai suoi banchi di nuvole, rendendoli interpreti di una Natura che poteva essere al contempo dolcissima madre e terribile matrigna, in pieno accordo con la sensibilità romantica.
Ma se questo ci permette di cogliere in Constable lo spirito del tempo, quello del Romanticismo, non dimentichiamo mai che la sua visione nasce dall’amore per la realizzazione fedele dell’immagine veduta.
Per avere una precisa documentazione dell'aspetto del cielo e delle molteplici condizioni atmosferiche, aveva stabilito di registrare in appunti o direttamente dietro gli schizzi le varie osservazioni dei fenomeni. Per una maggiore conoscenza degli effetti atmosferici, effettuava un costante studio dello stesso soggetto in diverse stagioni e parti del giorno. In questo Constable si dimostra il precursore preciso del medesimo spirito che permise a Monet di realizzare le sue 31 versioni delle Cattedrali di Rouen.
I punti di contatto con l’impressionismo sono evidenti anche dal punto di vista tecnico: Constable applicava il colore direttamente sulla tela con pennellate veloci e intense, senza affidarsi, quindi, ad un disegno compositivo, modellando vigorosamente i volumi e i colori così da dare vita a un forte contrasto tra la vivacità della luce e le ombre, da lui definito «chiaroscuro naturale».
Non posso non ricordare che si racconta che per realizzare nel 1842 il suo celebre quadro (che si trova sempre alla Tate) “Vapore al largo di Habour’s Mounth durante una tempesta di neve” Turner si fece legare per quattro ore all’albero maestro di una nave. Molti asseriscono che si tratti solo di una leggenda, ma è verosimile che sia accaduto qualcosa di simile: di fronte a questo quadro ebbi personalmente una vera illuminazione. In esso non è possibile cogliere né un centro né elementi propriamente figurativi, si indovina a malapena l’albero della nave; è l’intuizione della pittura astratta o informale che dir si voglia di tutto il ventesimo secolo. Ma torniamo pure a Constable.
Nel 1809 Constable si era innamorato di una delle sue amiche di gioventù, Maria Elizabeth Bicknell, la loro relazione fu apertamente avversata dai genitori di lei, che disprezzavano Constable a causa delle sue ristrettezze economiche e del suo scarso prestigio sociale. Solo nell'ottobre 1816, alla morte dei genitori dell'artista e con la riscossione dell'eredità, poterono celebrare le nozze, felici e coronate anche dalla nascita di sette figli. A partire dal 1827 l’amata moglie iniziò ad avvertire i primi sintomi della tubercolosi: Constable preferì trasferirsi con la famiglia prima a Hampstead e poi a Brighton, con la speranza che il clima più mite e salubre potesse giovare alla salute della moglie. In queste due località egli ebbe l'opportunità di eseguire numerosi studi di cieli e ariose composizioni paesistiche e marine: la salute della Bicknell, tuttavia, non migliorò affatto nonostante le amorevoli cure del marito, ella morì il 23 novembre 1828, lasciando Constable nella disperazione più cupa; neanche la nomina a membro effettivo della Royal Academy del 1829 riuscì a sollevarlo da una profonda prostrazione. Ciò malgrado, egli continuò a lavorare alacremente e realizzò fra il 1829 e il 1831 il suo quadro forse più celebre “La cattedrale di Salisbury vista dai campi” (Salisbury Cathedral from the Meadows, La cattedrale di Salisbury vista dai prati). Anche questo quadro è presente in mostra e non si può che sostare a lungo stupefatti di tanta bellezza, pur nella presenza di elementi di forte conflittualità. Era stato forse un religioso che lo aveva sostenuto in questo difficile periodo seguito alla morte della moglie a spingerlo a questa raffigurazione: di certo, oltre all’arcobaleno evidente, tutto il quadro è tessuto di elementi simbolici (la tomba, il frassino, la Chiesa), che potrebbero farci vedere in Constable anche un precursore nel simbolismo.
Vorrei continuare a parlare di questo stupendo pittore ancora a lungo ma nessuna parola può sostituire la visione diretta di queste opere e non posso che spingere il lettore a visitare questa mostra: ci sarà tempo fino al 5 febbraio se non sarà ulteriormente prolungata.
Concludo perciò il mio contributo con un altro racconto.
John Constable, infine, si spense la notte del 31 marzo 1837 a Londra, stroncato da un infarto. Per tutto il giorno aveva lavorato al suo quadro “Arundel Mill and Castle” che rimase incompiuto. La Royal Academy decise comunque di esporlo come omaggio postumo all’artista. Forse il messaggio che così Constable ebbe in animo di consegnarci è che questo compito di raffigurare il Reale è, per essenza, un’opera interminabile e che conta almeno la buona volontà con cui il pittore si dedica alla propria opera.
(Sergio Gandini)