Musica
J. S. Bach (1685-1750)
Variazione 13 (Sarabanda in Sol maggiore)
dalle Variazioni Goldberg, BWV 988
Maurizio Stefanìa: organo positivo
copyright dell'esecuzione Maurizio Stefanìa. La Variazione n.13 è una Sarabanda finemente ornamentata, così come lo è del resto l’Aria iniziale, a differenza della quale però essa non viene riconosciuta come tale, il suo valore musicale perdendosi un po’ nello scorrere continuo del ciclo completo delle 30 variazioni. In essa, la capacità lirica di Bach si evince al pari delle sua tecnica compositiva che, basata in larga parte su un contrappunto rigoroso, fece sì che la sua musica venisse considerata ormai sorpassata dai suoi coetanei, intesi sia come pubblico che come nuova generazione di musicisti, dediti piuttosto all’opera, al bel canto, alle melodie di facile ascolto.
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Riguardo le Variazioni Goldberg, è a molti nota la leggenda circa la genesi dell’opera tramandataci da Nikolaus Forkel, primo biografo bachiano, secondo il quale:
«Per questa composizione […] siamo in debito con il Conte Keyserlingk, un tempo ambasciatore russo alla corte dell’Elettore di Sassonia, che spesso risiedeva a Lipsia, e portava con sé Goldberg, che ho menzionato sopra, per fargli prendere lezioni di musica da Bach. In cattiva salute, il Conte soffriva sovente d’insonnia, e Goldberg che viveva in casa sua doveva distrarlo, in simili occasioni, durante le ore notturne, suonando per lui in una stanza attigua alla sua. Una volta il Conte disse a Bach che gli sarebbe molto piaciuto avere da lui alcuni pezzi da far suonare al suo Goldberg, che fossero insieme delicati e spiritosi, così da poter distrarre le sue notti insonni. […] Bach concluse che il miglior modo per accontentare questo desiderio fosse scrivere delle Variazioni, un genere che fino allora non aveva considerato con molto favore per via dell’armonia di base, sempre uguale. Sotto le sue mani, anche queste Variazioni divennero modelli assoluti dell’arte, come tutte le sue opere di quest’epoca. Il Conte prese a chiamarle, da allora, le “sue” Variazioni. Non si stancò mai di ascoltarle e, per lungo tempo, quando gli capitava una notte insonne, chiamava: “Caro Goldberg, suonami un po’ le mie Variazioni”. Mai Bach fu ricompensato tanto per un’opera come in questo caso: il Conte gli diede in dono un calice pieno di 100 Luigi d’oro. Ma tale opera d’arte non sarebbe stata pagata adeguatamente nemmeno se il premio fosse stato mille volte più grande»
Ma di leggenda si tratta. Difatti il frontespizio della prima edizione dell’opera, datata 1741, non reca alcuna dedica o menzione al conte Keyserlingk, cosa che sarebbe stata doverosa all’epoca di Bach, e il Goldberg allievo di Bach e clavicembalista a servizio del conte era all’epoca soltanto quattordicenne e pertanto troppo giovane per eseguire un’opera di simile complessità.
La traduzione del titolo a stampa è “Clavier ϋbung, che consiste in un’Aria con differenti variazioni, per un clavicembalo a due manuali. Composta per gli amatori, al fine di ricrearne lo spirito, da Johann Sebastian Bach, compositore del Re di Polonia e principe Elettore di Sassonia, Capellmeister e Direttore Chori Musici a Lispia. Pubblicato a Norimberga presso Balthasar Schmid”.
L’opera nel suo complesso consiste di 32 brani: un’Aria, che ne rappresenta l’idea principale, 30 variazioni su di essa e la stessa Aria ripetuta da capo a chiudere il ciclo. L’Aria che precede le Variazioni si sviluppa su un basso ostinato, ossia un modulo ritmico che funge da sostegno alla melodia, che procede per gradi congiunti. Esso è costituito da 32 note, così come 32 sono le battute dell’Aria, divise in due sezioni da 16 + 16.
Le trenta Variazioni (dove 30 è il prodotto di 3 e di 10, numeri che simboleggiano la perfezione e la pienezza, così come la riproposizione dell’Aria alla fine della composizione rimanda all’immagine di un cerchio, figura geometrica completa e perfetta) sono suddivise in 10 gruppi da 3 (10 è il numero dei comandamenti e 3 il simbolo della Trinità). E in ogni gruppo, se la prima variazione è spesso basata su un ritmo di danza mentre la seconda è più in forma di Toccata virtuosistica, ogni terza variazione è un Canone, ovvero un componimento contrappuntistico dove le voci si susseguono in modo rigoroso. Di questo canone, Bach ne aumenta a ogni ciclo l’intervallo, per cui compone dapprima un canone all’unisono, poi alla seconda, alla terza e così via. Inoltre i canoni alla quarta e alla quinta (i gradi fondamentali della scala musicale dopo la tonica) sono per moto contrario, e poi lo stesso canone alla quinta, che rappresenta quello centrale nell’economia dell’opera, è composto in modo minore.
Ma l’architettura formale non si conclude qui: la variazione XVI, quale effettivo centro di simmetria dell’intera opera, è una Ouverture in stile Francese con Fuga. Essa apre di fatto un secondo ciclo di variazioni, di cui se il primo rimanda più allo stile italiano, il secondo è più di gusto francese. Un’ ulteriore osservazione riguarda la metrica: se nella maggior parte dei casi l’indicazione di tempo è ternaria, cioè di tre battiti per misura, più raramente appare l’indicazione binaria; ma facendo un calcolo ci si accorge che il rapporto con cui questi due tempi vengono usati è quasi esattamente di 3 a 2.
E quindi la chiave di lettura dell’opera risiede senza dubbio in questa che si può definire come una “Architettura modulare” e che in Bach, fedelissimo credente e convinto sostenitore del credo luterano, rimanda all’armonia suprema, alla filosofia, a Dio e il Cosmo. Citando un articolo di Federico Pariselli: “Tale struttura ha delle implicazioni teologico-filosofiche molto profonde: il compositore ricrea con la musica l’immagine di Dio che in essa si riflette, un‘ideologia, questa, che trapela non solo nelle composizioni sacre, ma anche in quelle profane, poiché l’uomo di fede luterana non distingue tra sacro e profano: il dialogo tra l’uomo e Dio è continuo e perpetuo, tanto nella dimensione sociale quanto in quella liturgica, e la musica è metafora dell’Universo creato dal divino. Con la ripetizione ciclica e variata di un basso ostinato e la sua riproposizione ad inizio e fine dell’opera si realizza un contatto privilegiato tra Cielo e Terra, tra Uomo e Dio, che trova la sua sublimazione nella scienza del numero”.
Ma allo stesso tempo ci illumina il termine ϋbung usato nel titolo originale: ϋbung che in tedesco si traduce con “Studio” ma anche “Raccolta”, due aspetti che in Bach spesso coincidevano. E se è vero che lo scopo artistico-esecutivo di molte composizioni bachiane non era mai scisso da un fine più prettamente didattico, ciò lo è ancor di più nell’ultimo periodo della sua esistenza. Periodo in cui vicissitudini, amarezze, sofferenze e malumori personali portarono Bach a rivolgere ancor più il suo interesse verso l’introspezione e la riflessione filosofica, una forma di reazione quasi necessaria negli anni, dal 1723 fino alla morte, trascorsi a Lipsia in qualità di Kantor e Musikdirector della Thomasschule, difatti un ruolo orientato più sulla didattica che sulla composizione. Sono degli ultimi anni della sua vita infatti, l’Offerta Musicale (1747), le Variazioni Canoniche (1748) e l’Arte della Fuga nel (1749). Tre opere di capitale importanza, cariche di simbologie al loro interno e che segnano un ritorno quasi atemporale all’antica polifonia, di cui Bach esplora e porta alla luce tutte le più recondite possibilità. Le stesse variazioni Goldberg, pur se composte qualche anno prima, a buon diritto si inseriscono in questa ultima fase “enciclopedica”, se così si può definire, della produzione bachiana.
«Per questa composizione […] siamo in debito con il Conte Keyserlingk, un tempo ambasciatore russo alla corte dell’Elettore di Sassonia, che spesso risiedeva a Lipsia, e portava con sé Goldberg, che ho menzionato sopra, per fargli prendere lezioni di musica da Bach. In cattiva salute, il Conte soffriva sovente d’insonnia, e Goldberg che viveva in casa sua doveva distrarlo, in simili occasioni, durante le ore notturne, suonando per lui in una stanza attigua alla sua. Una volta il Conte disse a Bach che gli sarebbe molto piaciuto avere da lui alcuni pezzi da far suonare al suo Goldberg, che fossero insieme delicati e spiritosi, così da poter distrarre le sue notti insonni. […] Bach concluse che il miglior modo per accontentare questo desiderio fosse scrivere delle Variazioni, un genere che fino allora non aveva considerato con molto favore per via dell’armonia di base, sempre uguale. Sotto le sue mani, anche queste Variazioni divennero modelli assoluti dell’arte, come tutte le sue opere di quest’epoca. Il Conte prese a chiamarle, da allora, le “sue” Variazioni. Non si stancò mai di ascoltarle e, per lungo tempo, quando gli capitava una notte insonne, chiamava: “Caro Goldberg, suonami un po’ le mie Variazioni”. Mai Bach fu ricompensato tanto per un’opera come in questo caso: il Conte gli diede in dono un calice pieno di 100 Luigi d’oro. Ma tale opera d’arte non sarebbe stata pagata adeguatamente nemmeno se il premio fosse stato mille volte più grande»
Ma di leggenda si tratta. Difatti il frontespizio della prima edizione dell’opera, datata 1741, non reca alcuna dedica o menzione al conte Keyserlingk, cosa che sarebbe stata doverosa all’epoca di Bach, e il Goldberg allievo di Bach e clavicembalista a servizio del conte era all’epoca soltanto quattordicenne e pertanto troppo giovane per eseguire un’opera di simile complessità.
La traduzione del titolo a stampa è “Clavier ϋbung, che consiste in un’Aria con differenti variazioni, per un clavicembalo a due manuali. Composta per gli amatori, al fine di ricrearne lo spirito, da Johann Sebastian Bach, compositore del Re di Polonia e principe Elettore di Sassonia, Capellmeister e Direttore Chori Musici a Lispia. Pubblicato a Norimberga presso Balthasar Schmid”.
L’opera nel suo complesso consiste di 32 brani: un’Aria, che ne rappresenta l’idea principale, 30 variazioni su di essa e la stessa Aria ripetuta da capo a chiudere il ciclo. L’Aria che precede le Variazioni si sviluppa su un basso ostinato, ossia un modulo ritmico che funge da sostegno alla melodia, che procede per gradi congiunti. Esso è costituito da 32 note, così come 32 sono le battute dell’Aria, divise in due sezioni da 16 + 16.
Le trenta Variazioni (dove 30 è il prodotto di 3 e di 10, numeri che simboleggiano la perfezione e la pienezza, così come la riproposizione dell’Aria alla fine della composizione rimanda all’immagine di un cerchio, figura geometrica completa e perfetta) sono suddivise in 10 gruppi da 3 (10 è il numero dei comandamenti e 3 il simbolo della Trinità). E in ogni gruppo, se la prima variazione è spesso basata su un ritmo di danza mentre la seconda è più in forma di Toccata virtuosistica, ogni terza variazione è un Canone, ovvero un componimento contrappuntistico dove le voci si susseguono in modo rigoroso. Di questo canone, Bach ne aumenta a ogni ciclo l’intervallo, per cui compone dapprima un canone all’unisono, poi alla seconda, alla terza e così via. Inoltre i canoni alla quarta e alla quinta (i gradi fondamentali della scala musicale dopo la tonica) sono per moto contrario, e poi lo stesso canone alla quinta, che rappresenta quello centrale nell’economia dell’opera, è composto in modo minore.
Ma l’architettura formale non si conclude qui: la variazione XVI, quale effettivo centro di simmetria dell’intera opera, è una Ouverture in stile Francese con Fuga. Essa apre di fatto un secondo ciclo di variazioni, di cui se il primo rimanda più allo stile italiano, il secondo è più di gusto francese. Un’ ulteriore osservazione riguarda la metrica: se nella maggior parte dei casi l’indicazione di tempo è ternaria, cioè di tre battiti per misura, più raramente appare l’indicazione binaria; ma facendo un calcolo ci si accorge che il rapporto con cui questi due tempi vengono usati è quasi esattamente di 3 a 2.
E quindi la chiave di lettura dell’opera risiede senza dubbio in questa che si può definire come una “Architettura modulare” e che in Bach, fedelissimo credente e convinto sostenitore del credo luterano, rimanda all’armonia suprema, alla filosofia, a Dio e il Cosmo. Citando un articolo di Federico Pariselli: “Tale struttura ha delle implicazioni teologico-filosofiche molto profonde: il compositore ricrea con la musica l’immagine di Dio che in essa si riflette, un‘ideologia, questa, che trapela non solo nelle composizioni sacre, ma anche in quelle profane, poiché l’uomo di fede luterana non distingue tra sacro e profano: il dialogo tra l’uomo e Dio è continuo e perpetuo, tanto nella dimensione sociale quanto in quella liturgica, e la musica è metafora dell’Universo creato dal divino. Con la ripetizione ciclica e variata di un basso ostinato e la sua riproposizione ad inizio e fine dell’opera si realizza un contatto privilegiato tra Cielo e Terra, tra Uomo e Dio, che trova la sua sublimazione nella scienza del numero”.
Ma allo stesso tempo ci illumina il termine ϋbung usato nel titolo originale: ϋbung che in tedesco si traduce con “Studio” ma anche “Raccolta”, due aspetti che in Bach spesso coincidevano. E se è vero che lo scopo artistico-esecutivo di molte composizioni bachiane non era mai scisso da un fine più prettamente didattico, ciò lo è ancor di più nell’ultimo periodo della sua esistenza. Periodo in cui vicissitudini, amarezze, sofferenze e malumori personali portarono Bach a rivolgere ancor più il suo interesse verso l’introspezione e la riflessione filosofica, una forma di reazione quasi necessaria negli anni, dal 1723 fino alla morte, trascorsi a Lipsia in qualità di Kantor e Musikdirector della Thomasschule, difatti un ruolo orientato più sulla didattica che sulla composizione. Sono degli ultimi anni della sua vita infatti, l’Offerta Musicale (1747), le Variazioni Canoniche (1748) e l’Arte della Fuga nel (1749). Tre opere di capitale importanza, cariche di simbologie al loro interno e che segnano un ritorno quasi atemporale all’antica polifonia, di cui Bach esplora e porta alla luce tutte le più recondite possibilità. Le stesse variazioni Goldberg, pur se composte qualche anno prima, a buon diritto si inseriscono in questa ultima fase “enciclopedica”, se così si può definire, della produzione bachiana.
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Variazione 13 da 22:06 a 24:59
Pierre Hantai, clavicembalo |
Lang Lang, pianoforte
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