Letture
Pace, Thomas Merton e Thich Nhat Hahn
La morte del monaco buddhista vietnamita Thich Nhat Hanh avvenuta lo scorso 21 gennaio e l’improvviso scoppio della guerra Russia – Ucraina del 24 febbraio mi hanno portato a rivalutare la modalità di presentazione di questo breve contributo cui stavo pensando all’esito del primo evento sopra citato. Rileggendo il testo che qui propongo, mi sono accorta dell’attualità del suo messaggio. Perciò, andando al di là di una breve commemorazione di un maestro zen di grande seguito, non posso che evidenziare la consueta profetica scrittura del monaco trappista, Thomas Merton. |
Merton incontra Thich Nhat Hanh il 28 maggio 1966, nel monastero del Gethsemani, dove lo aveva accompagnato John Heidbrink, ministro presbiteriano, attivista e pacifista, capo della Fellowship of Reconciliation. Merton ha 51 anni; Thich Nhat Hanh ne ha 40. Il primo vive alla continua ricerca di equilibrio tra contemplazione e impegno sociale, scrivendo pagine scomode per il suo Paese e la sua stessa Chiesa; il secondo inizia ad avere problemi nella sua terra in quanto inviso sia ai vietcong che agli americani nell’aspro conflitto del Vietnam.
Thich Nhat Hanh muove masse di giovani e, col passar degli anni, durante il suo lungo esilio, creerà centri di meditazione in tutte le parti del mondo. Avrà vita lunga e sarà prolifico nella scrittura e nella attualizzazione dello Zen che adatta agli occidentali utilizzando la forza del respiro e della camminata nonché la potenza dell’ “inter-essere”. Merton, dal suo canto, coltiva strenuamente la sua esigenza di elevazione spirituale unitamente all’urgenza di un impegno sociale volto alla piena realizzazione della pace tra le genti, obiettivi perseguiti entrambi attraverso un ininterrotto dialogo interreligioso, passo dopo passo fino alla misteriosa e precoce scomparsa a Bangkok il 10 dicembre 1968.
Quando incontra Thich Nhat Hanh, Merton ha già scritto uno dei suoi libri più significativi e scomodi dal punto di vista politico sociale, un testo da riabbracciare in questi tempi di follia distruttiva: la cifra del peso che il monaco aveva nel contesto mondiale è data dal fatto che detto libro non fu mai pubblicato. La pace nell’era cristiana, scritto tra il 1960 e il 1962, alla vigilia degli attacchi a Cuba da parte degli Stati Uniti, non ottenne il non obstat del padre generale dell’ordine e restò nel cassetto per oltre 40 anni. Sarà infatti pubblicato in America solo nel 2002, stranamente a poca distanza dall’attacco alle torri gemelle, e in Italia nel 2005 per le edizioni Qiqajon, curato da Guido Dotti, membro ed economo della Comunità di Bose.
Merton rimane stupito e ammirato di fronte alla figura del monaco vietnamita, trovando il lui affinità e somiglianze da farlo appellare come suo fratello, con il quale condivide la passione per la pace e la poesia, il desiderio di interconnessione e la ricerca inesauribile di solitudine interiore.
Nhat Hanh è mio fratello (“Nhat Hanh is my brother”) viene pubblicato per la prima volta nella rivista Jubilee nel 1966 e successivamente inserito nel volume La mia passione per la pace (Passion for Peace, the social esseys), del 1967.
Il breve saggio, che nella traduzione di Stefania Cherichi è stato già pubblicato nel libro La mia passione per la Pace (Garzanti, 2017), può essere letto come esempio di fratellanza spirituale tra due personalità che hanno fatto della pace e dell’impegno sociale l’altra faccia della medaglia della loro ricerca interiore; ma può essere visto, al di là della collocazione storica, come un brevissimo messaggio di speranza nella coltivazione della pace universale e nella condanna della guerra in nome di qualsiasi causa.
In questo clima in cui si sperimenta l’impotenza delle parole, non so trovare altro modo più efficace di comunicare che lasciar parlare il testo stesso, consegnando ad ognuno il messaggio che sente di scoprire al suo interno. Un filo invisibile collega questo scritto ai tanti altri di impegno sociale dei due autori e monaci che per un brevissimo tempo hanno incrociato le loro vite.
Propongo la mia traduzione, la mia lettura guidata attraverso il testo e nei i testi cui esso mi ha condotto.
Nhat Hanh è mio fratello (*)
Questa non è una dichiarazione politica. Essa non ha una motivazione “interessata”, essa non cerca di provocare nessuna azione immediata a favore o contro questa o quella parte nella guerra del Vietnam. Essa è al contrario una dichiarazione umana e personale e un angosciato appello per il monaco buddhista vietnamita Thich Nhat Han che è mio fratello. Egli è mio fratello più di molti che sono a me più vicini per razza e nazionalità, perché lui e io vediamo le cose esattamente allo stesso modo.
Lui e io deploriamo la guerra che sta devastando il suo paese. Noi la deploriamo esattamente per le stesse ragioni: ragioni umane, ragioni di buonsenso, giustizia e amore. Noi deploriamo l’inutile distruzione, la impressionante e spietata devastazione della vita umana, la violenza della cultura e dello spirito di un popolo esausto. E’ certamente evidente che questa carneficina non serve a nessuno scopo che può essere compreso e anzi contraddice la presunta intenzione della potente nazione che ha costituito se stessa come “difensore” della gente che essa sta distruggendo. Certamente questa dichiarazione non può fare a meno di essere un appello per la pace.
Ma essa è anche un appello per mio fratello Nhat Hanh. Egli rappresenta il minor “politico” di tutti i movimenti in Vietnam. Egli non è direttamente associato ai Buddhisti che stanno cercando di usare la manipolazione politica allo scopo di salvare il proprio paese. Egli non è in nessuno modo un comunista. I Vietcong sono profondamente ostili a lui. Egli rifiuta di essere identificato con il governo instauratosi che lo odia e non si fida di lui. Egli rappresenta i giovani, quelli privi di difesa, i nuovi ranghi dei giovani che si ritrovano con tutte le mani rivolte contro di loro eccetto quelle dei contadini e dei poveri, con i quali essi stanno lavorando. Nhat Hanh parla veramente per il popolo del Vietnam, se lì si può dire esserci un popolo lasciato in Vietnam.
Nhat Hanh ha lasciato il suo paese e viene da noi allo scopo di presentare una immagine che non ci è data nei nostri giornali e riviste. Egli è stato ben accolto – e ciò dice bene per coloro che lo hanno accolto. La sua visita agli Stati Uniti ha mostrato che noi siamo un popolo che ancora desidera la verità quando possiamo trovarla e ancora decidere in favore dell’uomo contro la macchina politica quando noi cogliamo una onesta opportunità di farlo. Ma quando Nhat Hanh tornerà a casa, cosa gli accadrà? Egli non è a favore del governo, che ha soppresso i suoi scritti. I Vietcong guarderanno con disfavore questi suoi contatti americani. Aver perorato per la fine dei combattimenti lo renderà un traditore agli occhi di quelli che stanno a conseguire un tornaconto personale finchè la guerra continua, finchè i loro concittadini vengono uccisi, finchè essi possono fare affari con le loro forze armate.
Nhat Hanh può fare ritorno alla prigionia, alla tortura, addirittura alla morte. Noi non possiamo lasciarlo ritornare a Saigon per essere distrutto mentre noi stiamo qui seduti assaporando il caldo splendore filantropico delle buone intenzioni e i rispettabili sentimenti circa la guerra in corso.
Noi che abbiamo incontrato e ascoltato Nhat Hanh, o abbiamo letto su di lui, dobbiamo anche alzare le nostre voci per domandare che la sua vita e la sua libertà siano rispettate quando egli farà ritorno al suo paese. Inoltre, noi domandiamo ciò non in termini di qualche concepibile vantaggio politico, ma semplicemente nel nome di quei valori di libertà e umanità in favore dei quali le nostre forze armate dichiarano di star combattendo la guerra del Vietnam.
Nhat Hanh è un uomo libero che ha agito come uomo libero in favore di suoi fratelli e mosso da una dinamica spirituale di una tradizione di religiosa compassione. Egli è venuto in mezzo a noi come molti altri hanno fatto, di volta in volta, rendendo testimonianza allo spirito dello Zen. Più di qualsiasi altro egli ci ha mostrato che lo Zen non è un culto di profonda illuminazione esoterico e negatore del mondo, ma che esso ha il suo raro e unico senso di responsabilità nel mondo moderno. Dovunque egli va egli camminerà nella forza del suo spirito e nella solitudine del monaco zen che vede oltre la vita e la morte. E’ per il nostro onore personale tanto quanto per la sua sicurezza che noi dobbiamo alzare le nostre voci per domandare che la sua vita e la sua integrità personale siano pienamente rispettate quando egli tornerà nel suo frantumato e sventrato paese, lì per continuare il suo lavoro con gli studenti e i contadini, sperando in quel giorno in cui la ricostruzione potrà cominciare.
Ho detto che Nhat Hanh è mio fratello, ed è vero.
Noi siamo entrambi monaci, e noi abbiamo vissuto la vita monastica per circa lo stesso numero di anni. Noi siamo entrambi poeti, esistenzialisti. Io ho molto più in comune con Nhat Hanh di quanto non abbia con molti americani, e non esito a dirlo.
E’ di vitale importanza che legami come questi siano riconosciuti.
Essi sono legami di una nuova solidarietà e di una nuova fratellanza che sta iniziando ad essere evidente in tutti e cinque i continenti e che attraversano tutte le linee politiche, religiose e culturali per unire giovani uomini e donne in ogni paese in qualcosa che è più concreto di un ideale e più vivo di un programma. Questa unità dei giovani è la sola speranza del mondo. Nel suo nome io lancio un appello per Nhat Hanh. Fate ciò che potete per lui. Se io conto qualcosa per voi, allora lasciate che io la metta in questo modo: fate per Nhat Hanh qualsiasi cosa fareste per me se io fossi al suo posto. E in molti sensi io vorrei esserci.
(*) Per il testo originale in inglese visita il link https://plumvillage.org/thomas-mertons-words-on-thich-nhat-hanh/
*******
La poesia che segue, scritta da Thomas Merton, è contenuta alla fine del volume La pace nell’era cristiana. E’ un testo di denuncia e di invocazione insieme, un accorata esortazione all’umanità sotto forma di preghiera al Dio della Misericordia, portatore di Pace. “Il Dio della pace non è mai glorificato dalla violenza umana” (T. Merton). Il testo fu letto innanzi alla Camera dei rappresentanti dal deputato del Connecticut Frank Kowalski, il 12 aprile 1962.
Preghiera per la pace
Onnipotente e misericordioso Dio,
Padre di tutti gli uomini,
creatore e dominatore dell’universo,
Signore della storia,
i cui disegni sono imperscrutabili,
la cui gloria è senza macchia,
la cui compassione per gli errori degli uomini è inesauribile,
nella tua volontà è la nostra pace!
Ascolta nella tua misericordia
questa preghiera che sale a te
dal tumulto e dalla disperazione
di un mondo in cui tu sei dimenticato,
in cui il tuo Nome non è invocato,
le tue leggi sono derise
e la tua presenza è ignorata.
Non ti conosciamo, e così non abbiamo pace.
Concedici prudenza in proporzione al nostro potere,
saggezza in proporzione alla nostra scienza,
umanità in proporzione alla nostra ricchezza e potenza.
E benedici la nostra volontà
di aiutare ogni razza e popolo a camminare,
in amicizia con noi,
lungo la strada della giustizia,
della libertà e della pace perenne.
Ma concedici soprattutto di capire
che le nostre vie
non sono necessariamente le tue vie,
che non possiamo penetrare pienamente
il mistero dei tuoi disegni,
e che la stessa tempesta di potere
che ora infuria in questa terra
rivela la tua segreta volontà
e la tua inscrutabile decisione.
Concedici di vedere il tuo volto
alla luce di questa tempesta cosmica,
o Dio di santità, misericordioso con gli uomini.
Concedici di trovare la pace
dove davvero la si può trovare:
nella tua volontà, o Dio, è la nostra pace!
(Padre Thomas Merton)
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Nel 1966, a Saigon, Thich Nhat Hanh fondò l’Ordine dell’Inter-essere, comunità internazionale composta da monaci e laici impegnati a condurre la propria vita secondo gli insegnamenti dei 14 Addestramenti alla consapevolezza. L’ordine mirava a realizzare l’insegnamento del fondatore, ossia una pratica calata nella realtà quotidiana, fatta di continue azioni consapevoli (cd. Buddhismo impegnato). Di seguito, il Dodicesimo Addestramento, dedicato alla costruzione di un mondo senza violenza.
Il Dodicesimo Addestramento: Rispetto profondo per la vita
Consapevoli che molta sofferenza è causata da guerre e conflitti, siamo determinati a coltivare nella vita quotidiana la nonviolenza, la compassione e la visione profonda dell’interessere e a promuovere l’educazione alla pace, la mediazione consapevole e la riconciliazione nelle famiglie, nelle comunità, in gruppi etnici e religiosi, fra le nazioni, nel mondo. Ci impegniamo a non uccidere e a non lasciare che altri uccidano. Non daremo il nostro sostegno ad alcun atto di uccisione nel mondo, nel nostro pensiero o nel nostro modo di vivere. Con il nostro Sangha praticheremo diligentemente l’osservazione profonda per scoprire modi migliori per proteggere la vita, prevenire la guerra, costruire la pace.
Approfondimenti al link: https://www.interessere.it/comunita-italiana-dellordine-dellinteressere/.
(Annunziata Candida Fusco)
Thich Nhat Hanh muove masse di giovani e, col passar degli anni, durante il suo lungo esilio, creerà centri di meditazione in tutte le parti del mondo. Avrà vita lunga e sarà prolifico nella scrittura e nella attualizzazione dello Zen che adatta agli occidentali utilizzando la forza del respiro e della camminata nonché la potenza dell’ “inter-essere”. Merton, dal suo canto, coltiva strenuamente la sua esigenza di elevazione spirituale unitamente all’urgenza di un impegno sociale volto alla piena realizzazione della pace tra le genti, obiettivi perseguiti entrambi attraverso un ininterrotto dialogo interreligioso, passo dopo passo fino alla misteriosa e precoce scomparsa a Bangkok il 10 dicembre 1968.
Quando incontra Thich Nhat Hanh, Merton ha già scritto uno dei suoi libri più significativi e scomodi dal punto di vista politico sociale, un testo da riabbracciare in questi tempi di follia distruttiva: la cifra del peso che il monaco aveva nel contesto mondiale è data dal fatto che detto libro non fu mai pubblicato. La pace nell’era cristiana, scritto tra il 1960 e il 1962, alla vigilia degli attacchi a Cuba da parte degli Stati Uniti, non ottenne il non obstat del padre generale dell’ordine e restò nel cassetto per oltre 40 anni. Sarà infatti pubblicato in America solo nel 2002, stranamente a poca distanza dall’attacco alle torri gemelle, e in Italia nel 2005 per le edizioni Qiqajon, curato da Guido Dotti, membro ed economo della Comunità di Bose.
Merton rimane stupito e ammirato di fronte alla figura del monaco vietnamita, trovando il lui affinità e somiglianze da farlo appellare come suo fratello, con il quale condivide la passione per la pace e la poesia, il desiderio di interconnessione e la ricerca inesauribile di solitudine interiore.
Nhat Hanh è mio fratello (“Nhat Hanh is my brother”) viene pubblicato per la prima volta nella rivista Jubilee nel 1966 e successivamente inserito nel volume La mia passione per la pace (Passion for Peace, the social esseys), del 1967.
Il breve saggio, che nella traduzione di Stefania Cherichi è stato già pubblicato nel libro La mia passione per la Pace (Garzanti, 2017), può essere letto come esempio di fratellanza spirituale tra due personalità che hanno fatto della pace e dell’impegno sociale l’altra faccia della medaglia della loro ricerca interiore; ma può essere visto, al di là della collocazione storica, come un brevissimo messaggio di speranza nella coltivazione della pace universale e nella condanna della guerra in nome di qualsiasi causa.
In questo clima in cui si sperimenta l’impotenza delle parole, non so trovare altro modo più efficace di comunicare che lasciar parlare il testo stesso, consegnando ad ognuno il messaggio che sente di scoprire al suo interno. Un filo invisibile collega questo scritto ai tanti altri di impegno sociale dei due autori e monaci che per un brevissimo tempo hanno incrociato le loro vite.
Propongo la mia traduzione, la mia lettura guidata attraverso il testo e nei i testi cui esso mi ha condotto.
Nhat Hanh è mio fratello (*)
Questa non è una dichiarazione politica. Essa non ha una motivazione “interessata”, essa non cerca di provocare nessuna azione immediata a favore o contro questa o quella parte nella guerra del Vietnam. Essa è al contrario una dichiarazione umana e personale e un angosciato appello per il monaco buddhista vietnamita Thich Nhat Han che è mio fratello. Egli è mio fratello più di molti che sono a me più vicini per razza e nazionalità, perché lui e io vediamo le cose esattamente allo stesso modo.
Lui e io deploriamo la guerra che sta devastando il suo paese. Noi la deploriamo esattamente per le stesse ragioni: ragioni umane, ragioni di buonsenso, giustizia e amore. Noi deploriamo l’inutile distruzione, la impressionante e spietata devastazione della vita umana, la violenza della cultura e dello spirito di un popolo esausto. E’ certamente evidente che questa carneficina non serve a nessuno scopo che può essere compreso e anzi contraddice la presunta intenzione della potente nazione che ha costituito se stessa come “difensore” della gente che essa sta distruggendo. Certamente questa dichiarazione non può fare a meno di essere un appello per la pace.
Ma essa è anche un appello per mio fratello Nhat Hanh. Egli rappresenta il minor “politico” di tutti i movimenti in Vietnam. Egli non è direttamente associato ai Buddhisti che stanno cercando di usare la manipolazione politica allo scopo di salvare il proprio paese. Egli non è in nessuno modo un comunista. I Vietcong sono profondamente ostili a lui. Egli rifiuta di essere identificato con il governo instauratosi che lo odia e non si fida di lui. Egli rappresenta i giovani, quelli privi di difesa, i nuovi ranghi dei giovani che si ritrovano con tutte le mani rivolte contro di loro eccetto quelle dei contadini e dei poveri, con i quali essi stanno lavorando. Nhat Hanh parla veramente per il popolo del Vietnam, se lì si può dire esserci un popolo lasciato in Vietnam.
Nhat Hanh ha lasciato il suo paese e viene da noi allo scopo di presentare una immagine che non ci è data nei nostri giornali e riviste. Egli è stato ben accolto – e ciò dice bene per coloro che lo hanno accolto. La sua visita agli Stati Uniti ha mostrato che noi siamo un popolo che ancora desidera la verità quando possiamo trovarla e ancora decidere in favore dell’uomo contro la macchina politica quando noi cogliamo una onesta opportunità di farlo. Ma quando Nhat Hanh tornerà a casa, cosa gli accadrà? Egli non è a favore del governo, che ha soppresso i suoi scritti. I Vietcong guarderanno con disfavore questi suoi contatti americani. Aver perorato per la fine dei combattimenti lo renderà un traditore agli occhi di quelli che stanno a conseguire un tornaconto personale finchè la guerra continua, finchè i loro concittadini vengono uccisi, finchè essi possono fare affari con le loro forze armate.
Nhat Hanh può fare ritorno alla prigionia, alla tortura, addirittura alla morte. Noi non possiamo lasciarlo ritornare a Saigon per essere distrutto mentre noi stiamo qui seduti assaporando il caldo splendore filantropico delle buone intenzioni e i rispettabili sentimenti circa la guerra in corso.
Noi che abbiamo incontrato e ascoltato Nhat Hanh, o abbiamo letto su di lui, dobbiamo anche alzare le nostre voci per domandare che la sua vita e la sua libertà siano rispettate quando egli farà ritorno al suo paese. Inoltre, noi domandiamo ciò non in termini di qualche concepibile vantaggio politico, ma semplicemente nel nome di quei valori di libertà e umanità in favore dei quali le nostre forze armate dichiarano di star combattendo la guerra del Vietnam.
Nhat Hanh è un uomo libero che ha agito come uomo libero in favore di suoi fratelli e mosso da una dinamica spirituale di una tradizione di religiosa compassione. Egli è venuto in mezzo a noi come molti altri hanno fatto, di volta in volta, rendendo testimonianza allo spirito dello Zen. Più di qualsiasi altro egli ci ha mostrato che lo Zen non è un culto di profonda illuminazione esoterico e negatore del mondo, ma che esso ha il suo raro e unico senso di responsabilità nel mondo moderno. Dovunque egli va egli camminerà nella forza del suo spirito e nella solitudine del monaco zen che vede oltre la vita e la morte. E’ per il nostro onore personale tanto quanto per la sua sicurezza che noi dobbiamo alzare le nostre voci per domandare che la sua vita e la sua integrità personale siano pienamente rispettate quando egli tornerà nel suo frantumato e sventrato paese, lì per continuare il suo lavoro con gli studenti e i contadini, sperando in quel giorno in cui la ricostruzione potrà cominciare.
Ho detto che Nhat Hanh è mio fratello, ed è vero.
Noi siamo entrambi monaci, e noi abbiamo vissuto la vita monastica per circa lo stesso numero di anni. Noi siamo entrambi poeti, esistenzialisti. Io ho molto più in comune con Nhat Hanh di quanto non abbia con molti americani, e non esito a dirlo.
E’ di vitale importanza che legami come questi siano riconosciuti.
Essi sono legami di una nuova solidarietà e di una nuova fratellanza che sta iniziando ad essere evidente in tutti e cinque i continenti e che attraversano tutte le linee politiche, religiose e culturali per unire giovani uomini e donne in ogni paese in qualcosa che è più concreto di un ideale e più vivo di un programma. Questa unità dei giovani è la sola speranza del mondo. Nel suo nome io lancio un appello per Nhat Hanh. Fate ciò che potete per lui. Se io conto qualcosa per voi, allora lasciate che io la metta in questo modo: fate per Nhat Hanh qualsiasi cosa fareste per me se io fossi al suo posto. E in molti sensi io vorrei esserci.
(*) Per il testo originale in inglese visita il link https://plumvillage.org/thomas-mertons-words-on-thich-nhat-hanh/
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La poesia che segue, scritta da Thomas Merton, è contenuta alla fine del volume La pace nell’era cristiana. E’ un testo di denuncia e di invocazione insieme, un accorata esortazione all’umanità sotto forma di preghiera al Dio della Misericordia, portatore di Pace. “Il Dio della pace non è mai glorificato dalla violenza umana” (T. Merton). Il testo fu letto innanzi alla Camera dei rappresentanti dal deputato del Connecticut Frank Kowalski, il 12 aprile 1962.
Preghiera per la pace
Onnipotente e misericordioso Dio,
Padre di tutti gli uomini,
creatore e dominatore dell’universo,
Signore della storia,
i cui disegni sono imperscrutabili,
la cui gloria è senza macchia,
la cui compassione per gli errori degli uomini è inesauribile,
nella tua volontà è la nostra pace!
Ascolta nella tua misericordia
questa preghiera che sale a te
dal tumulto e dalla disperazione
di un mondo in cui tu sei dimenticato,
in cui il tuo Nome non è invocato,
le tue leggi sono derise
e la tua presenza è ignorata.
Non ti conosciamo, e così non abbiamo pace.
Concedici prudenza in proporzione al nostro potere,
saggezza in proporzione alla nostra scienza,
umanità in proporzione alla nostra ricchezza e potenza.
E benedici la nostra volontà
di aiutare ogni razza e popolo a camminare,
in amicizia con noi,
lungo la strada della giustizia,
della libertà e della pace perenne.
Ma concedici soprattutto di capire
che le nostre vie
non sono necessariamente le tue vie,
che non possiamo penetrare pienamente
il mistero dei tuoi disegni,
e che la stessa tempesta di potere
che ora infuria in questa terra
rivela la tua segreta volontà
e la tua inscrutabile decisione.
Concedici di vedere il tuo volto
alla luce di questa tempesta cosmica,
o Dio di santità, misericordioso con gli uomini.
Concedici di trovare la pace
dove davvero la si può trovare:
nella tua volontà, o Dio, è la nostra pace!
(Padre Thomas Merton)
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Nel 1966, a Saigon, Thich Nhat Hanh fondò l’Ordine dell’Inter-essere, comunità internazionale composta da monaci e laici impegnati a condurre la propria vita secondo gli insegnamenti dei 14 Addestramenti alla consapevolezza. L’ordine mirava a realizzare l’insegnamento del fondatore, ossia una pratica calata nella realtà quotidiana, fatta di continue azioni consapevoli (cd. Buddhismo impegnato). Di seguito, il Dodicesimo Addestramento, dedicato alla costruzione di un mondo senza violenza.
Il Dodicesimo Addestramento: Rispetto profondo per la vita
Consapevoli che molta sofferenza è causata da guerre e conflitti, siamo determinati a coltivare nella vita quotidiana la nonviolenza, la compassione e la visione profonda dell’interessere e a promuovere l’educazione alla pace, la mediazione consapevole e la riconciliazione nelle famiglie, nelle comunità, in gruppi etnici e religiosi, fra le nazioni, nel mondo. Ci impegniamo a non uccidere e a non lasciare che altri uccidano. Non daremo il nostro sostegno ad alcun atto di uccisione nel mondo, nel nostro pensiero o nel nostro modo di vivere. Con il nostro Sangha praticheremo diligentemente l’osservazione profonda per scoprire modi migliori per proteggere la vita, prevenire la guerra, costruire la pace.
Approfondimenti al link: https://www.interessere.it/comunita-italiana-dellordine-dellinteressere/.
(Annunziata Candida Fusco)