Letture
Tre variazioni sulla contemplazione. Parte III
Thich Nhat Hanh e Raimon Panikkar. Contemplazione e preghiera
Thich Nhat Hanh e Raimon Panikkar. Contemplazione e preghiera
Conversione al riposo (Thich Nhat Hanh)
Seppure preghiera sia un’espressione più familiare alla pratica contemplativa cristiana e occidentale che a quella buddista e orientale, vorrei presentare il contributo su questo tema di una figura proveniente da quest’ultima tradizione che è stata capace di trascendere la sua origine divenendo un riferimento per l’umanità del XX e XXI secolo, mi riferisco al maestro zen Thich Nhat Hanh. |
Nel suo testo Il potere della preghiera Thay, così viene chiamato con affetto dai suoi allievi, affronta la questione della preghiera in modo concreto e trasformativo. Dalla lettura di questo testo emerge come il pregare sia forse l’atto primario per divenire un essere umano autentico. Se ci troviamo nella condizione di creature sofferenti l’entrare in stato di preghiera, in stato di creazione, può elevarci ad esseri partecipanti all’avventura della creazione e renderci capaci di trasformare le condizioni di sofferenza in cui ci troviamo a vivere.
Entriamo subito nel cuore del testo. L’invito è a fare il salto dalla preghiera superficiale alla preghiera profonda. La preghiera superficiale o di superficie (così evitiamo il fraintendimento di un giudizio negativo) richiede per lo più salute, successo e relazioni armoniose; in questa serie di scritti potremmo riferire questo atteggiamento alla figura umana ad una dimensione, l’uomo ridotto a mero lavoratore.
La preghiera profonda, o preghiera del monaco, si tocca quando si aspira a stare in contatto con la dimensione assoluta. Detto con il linguaggio che sto provando a forgiare in questi scritti la preghiera profonda apre alla verticalità e immette nello stato di creazione che permette di sentire l’interconnessione (inter-essere) tra noi e tutti gli altri fenomeni del cosmo vivente.
Il secondo invito del testo è a rivoluzionare la visione del Dio totalmente Altro attraverso la chiave interpretativa e trasformativa dei Tre Sigilli del Dharma (Impermanenza/Non-sé/Nirvana) aprendo la nostra comprensione al fatto della nostra non separazione dalla dimensione divina; è grazie a questa non separazione che il nostro contatto col Dio vivente è possibile.
Voglio segnalare anche il passaggio in cui Thay, facendo riferimento alla concezione teologica elaborata da Paul Tillich, secondo la quale Dio è il fondamento dell’essere, mostra come l’essere e la creazione coincidano. Proprio grazie al nostro stare in contatto con la creazione possiamo giungere al contatto con il Creatore, nel contatto con l’essere entriamo in connessione con il suo fondamento.
Francesco D’Assisi è un altro grande testimone chiamato in causa per mostrare come il divino si faccia presente attraverso la creazione stessa e le sue cose viventi e concrete; il passaggio allo stato di creazione che stiamo indagando potrebbe essere indicato anche come il passaggio del creato dalla opacità alla trasparenza, cioè alla rivelazione della sua origine divina. Segue un commento al padre nostro che vi invito a meditare.
Il testo si conclude declinando il tema generale della preghiera nel modo specifico del buddismo zen, la preghiera per eccellenza del buddismo zen è la pratica meditativa. La meditazione si articola in tre momenti, o genera tre energie. L’energia della presenza mentale, l’energia della concentrazione, l’energia della comprensione profonda. Queste energie si applicano a quattro campi che includono tutto il reale ovvero il corpo, le sensazioni, la mente e gli oggetti della mente. La pratica spirituale scioglie i nodi interiori della nostra coscienza e ci conduce alla vera felicità ovvero alla piena consapevolezza del momento presente e della connessione che ci lega al tutto vivente. Entrando nello stato di preghiera, nello stato di creazione, tocchiamo la nostra vera natura, in questo senso possiamo dire che la pratica della preghiera nei suoi momenti più felici è una conversione al riposo, uno stare nel riposo, un tornare a riposare in Dio.
I Due Veli (Raimon Panikkar)
Le pagine di diario di un grande testimone della spiritualità del XX e XXI secolo, Raimon Panikkar, ci permettono ora di approfondire in nostro discorso sulla preghiera profonda.
“[…] (Ho) sentito la forza dell’Abba, Pater nel suo aspetto cosmoteandrico: la chiamata dell’uomo alla sua Sorgente, Fonte che è al contempo natura e Dio Padre nella loro unione: Natura divina e Padre (generatore) naturale. Le due dimensioni sopra e sotto l’uomo – e che lo completano.”. (31 gennaio 1995; p.167 de L’acqua della goccia)
Partiamo dal tema della verticalità: c’è un asse verticale che pone sotto l’uomo il cosmo e sopra l’uomo il divino; l’uomo è completo solo nella connessione verticale cosmoteandrica che lo reinserisce nel tutto vivente. L’accesso a questa verticalità avviene mediante due passaggi obbligati o iniziazioni alla realtà che Panikkar indica con i termini cosmofania e cristofania. Il suffisso “-fania” fa riferimento al rivelarsi, una dimensione del reale si rivela all’uomo.
La contemplazione artistica fondamentalmente apre alla cosmofania, ossia mette in contatto con la dimensione cosmica o reimmette in quello che ho chiamato stato di creazione.
La cristofania, usando termini panikkariani, immette il soggetto nella vita intra-trinitaria o detto più semplicemente apre alla dimensione ultima, alla dimensione divina e luminosa del reale e è il campo della preghiera e della contemplazione religiosa.
Le due rivelazioni possono essere figurate bene dall’immagine di essere ricompresi sotto un velo o un manto. Il primo velo ad accoglierci è quello del cosmo o della Natura, il secondo quello del Cristo o del divino. Se la Natura ama nascondersi, Dio ama nascondersi nella natura, compiendo un doppio nascondimento. Il pensiero scientifico si pone l’obiettivo di svelare l’oggetto, il sapere rituale e simbolico invece ri-vela il soggetto ricomprendendolo nella Realtà più grande di lui.
Nel passaggio sopra citato del diario di Panikkar sembra sparire la separazione tra le due rivelazioni che appaiono come due aspetti di un’unica esperienza: l’esperienza della pienezza dell’uomo.
L’accesso a questa pienezza l’abbiamo vista figurata in due metafore: l’una, appena citata, corrispondente alla dinamica di essere avvolti e accolti sotto un velo o un manto (comprendere in inglese si indica con in termine under-stand, “stare sotto l’incanto di”; comprendere qualcosa o qualcuno vuol dire essere incantati da questo qualcosa o questo qualcuno), l’altra raffigurante la pienezza come un divenire trasparente del creato che, liberato dall’opacità, non è più un ostacolo bensì un ponte per il contatto con l’origine divina.
Stato di creazione come donazione
“[…] Dio dona l’essere, perché Dio è precisamente questa donazione dell’essere, il dono dell’essere. […] Il Padre è il donatore e in quanto tale dona tutto e quindi il suo dono è uguale a lui. Questo dono è il Figlio e il donare è lo Spirito. Donatore-dono-donazione. I tre sono una sola “cosa”, sono uno. (Un uno che non è numerico evidentemente). […] Io sono io soltanto se restituisco il dono, se lo tratto come datum e quindi lo accetto come tale. Questo dono non posso restituirlo al donatore, ma devo continuare a donare, trattarlo come un vero dono, che è dono non solo perché è stato dato, ma perché si dà. […] Questa donazione del mio dono (del mio io) – che è l’amore – è la mia partecipazione al processo trinitario, a dinamismo cosmoteandrico. […].’’. (14 novembre 1983; pp.127-128 de L’acqua della goccia).
Abbiamo detto in precedenza che la preghiera profonda mette in connessione con la dimensione ultima, è un modo per accedere a quello stato di creazione che stiamo indagando a metà strada tra contemplazione artistica e contemplazione religiosa.
Il commento a questo estratto del diario di Panikkar ci permette adesso di approfondire la riflessione sullo stato di creazione facendoci vedere come dono e riposo in questa dimensione arrivino a coincidere.
Il testo parte dall’assunto che Dio è dono, il dono dell’essere. Tanto più si dona tanto più riposa in sé stesso, tanto più noi riposiamo in lui tanto più spontaneamente ci doniamo e troviamo riposo in questa donazione e partecipazione alla dinamica profonda della realtà. Dono e riposo nello stato di creazione coincidono in piena spontaneità. Come le due rivelazioni (cosmofania e cristofania) apparivano come due aspetti di un’unica esperienza, e anche contemplazione artistica e contemplazione religiosa arrivavano a sintesi, lo stesso accade al riposo e al dono. L’esperienza di preghiera profonda è un’esperienza della pienezza dell’uomo in cui riposo e dono coincidono. Lo stato di creazione che abbiamo indagato fin qui si rivela infine come stato di donazione.
(Lapo Chittaro)
Entriamo subito nel cuore del testo. L’invito è a fare il salto dalla preghiera superficiale alla preghiera profonda. La preghiera superficiale o di superficie (così evitiamo il fraintendimento di un giudizio negativo) richiede per lo più salute, successo e relazioni armoniose; in questa serie di scritti potremmo riferire questo atteggiamento alla figura umana ad una dimensione, l’uomo ridotto a mero lavoratore.
La preghiera profonda, o preghiera del monaco, si tocca quando si aspira a stare in contatto con la dimensione assoluta. Detto con il linguaggio che sto provando a forgiare in questi scritti la preghiera profonda apre alla verticalità e immette nello stato di creazione che permette di sentire l’interconnessione (inter-essere) tra noi e tutti gli altri fenomeni del cosmo vivente.
Il secondo invito del testo è a rivoluzionare la visione del Dio totalmente Altro attraverso la chiave interpretativa e trasformativa dei Tre Sigilli del Dharma (Impermanenza/Non-sé/Nirvana) aprendo la nostra comprensione al fatto della nostra non separazione dalla dimensione divina; è grazie a questa non separazione che il nostro contatto col Dio vivente è possibile.
Voglio segnalare anche il passaggio in cui Thay, facendo riferimento alla concezione teologica elaborata da Paul Tillich, secondo la quale Dio è il fondamento dell’essere, mostra come l’essere e la creazione coincidano. Proprio grazie al nostro stare in contatto con la creazione possiamo giungere al contatto con il Creatore, nel contatto con l’essere entriamo in connessione con il suo fondamento.
Francesco D’Assisi è un altro grande testimone chiamato in causa per mostrare come il divino si faccia presente attraverso la creazione stessa e le sue cose viventi e concrete; il passaggio allo stato di creazione che stiamo indagando potrebbe essere indicato anche come il passaggio del creato dalla opacità alla trasparenza, cioè alla rivelazione della sua origine divina. Segue un commento al padre nostro che vi invito a meditare.
Il testo si conclude declinando il tema generale della preghiera nel modo specifico del buddismo zen, la preghiera per eccellenza del buddismo zen è la pratica meditativa. La meditazione si articola in tre momenti, o genera tre energie. L’energia della presenza mentale, l’energia della concentrazione, l’energia della comprensione profonda. Queste energie si applicano a quattro campi che includono tutto il reale ovvero il corpo, le sensazioni, la mente e gli oggetti della mente. La pratica spirituale scioglie i nodi interiori della nostra coscienza e ci conduce alla vera felicità ovvero alla piena consapevolezza del momento presente e della connessione che ci lega al tutto vivente. Entrando nello stato di preghiera, nello stato di creazione, tocchiamo la nostra vera natura, in questo senso possiamo dire che la pratica della preghiera nei suoi momenti più felici è una conversione al riposo, uno stare nel riposo, un tornare a riposare in Dio.
I Due Veli (Raimon Panikkar)
Le pagine di diario di un grande testimone della spiritualità del XX e XXI secolo, Raimon Panikkar, ci permettono ora di approfondire in nostro discorso sulla preghiera profonda.
“[…] (Ho) sentito la forza dell’Abba, Pater nel suo aspetto cosmoteandrico: la chiamata dell’uomo alla sua Sorgente, Fonte che è al contempo natura e Dio Padre nella loro unione: Natura divina e Padre (generatore) naturale. Le due dimensioni sopra e sotto l’uomo – e che lo completano.”. (31 gennaio 1995; p.167 de L’acqua della goccia)
Partiamo dal tema della verticalità: c’è un asse verticale che pone sotto l’uomo il cosmo e sopra l’uomo il divino; l’uomo è completo solo nella connessione verticale cosmoteandrica che lo reinserisce nel tutto vivente. L’accesso a questa verticalità avviene mediante due passaggi obbligati o iniziazioni alla realtà che Panikkar indica con i termini cosmofania e cristofania. Il suffisso “-fania” fa riferimento al rivelarsi, una dimensione del reale si rivela all’uomo.
La contemplazione artistica fondamentalmente apre alla cosmofania, ossia mette in contatto con la dimensione cosmica o reimmette in quello che ho chiamato stato di creazione.
La cristofania, usando termini panikkariani, immette il soggetto nella vita intra-trinitaria o detto più semplicemente apre alla dimensione ultima, alla dimensione divina e luminosa del reale e è il campo della preghiera e della contemplazione religiosa.
Le due rivelazioni possono essere figurate bene dall’immagine di essere ricompresi sotto un velo o un manto. Il primo velo ad accoglierci è quello del cosmo o della Natura, il secondo quello del Cristo o del divino. Se la Natura ama nascondersi, Dio ama nascondersi nella natura, compiendo un doppio nascondimento. Il pensiero scientifico si pone l’obiettivo di svelare l’oggetto, il sapere rituale e simbolico invece ri-vela il soggetto ricomprendendolo nella Realtà più grande di lui.
Nel passaggio sopra citato del diario di Panikkar sembra sparire la separazione tra le due rivelazioni che appaiono come due aspetti di un’unica esperienza: l’esperienza della pienezza dell’uomo.
L’accesso a questa pienezza l’abbiamo vista figurata in due metafore: l’una, appena citata, corrispondente alla dinamica di essere avvolti e accolti sotto un velo o un manto (comprendere in inglese si indica con in termine under-stand, “stare sotto l’incanto di”; comprendere qualcosa o qualcuno vuol dire essere incantati da questo qualcosa o questo qualcuno), l’altra raffigurante la pienezza come un divenire trasparente del creato che, liberato dall’opacità, non è più un ostacolo bensì un ponte per il contatto con l’origine divina.
Stato di creazione come donazione
“[…] Dio dona l’essere, perché Dio è precisamente questa donazione dell’essere, il dono dell’essere. […] Il Padre è il donatore e in quanto tale dona tutto e quindi il suo dono è uguale a lui. Questo dono è il Figlio e il donare è lo Spirito. Donatore-dono-donazione. I tre sono una sola “cosa”, sono uno. (Un uno che non è numerico evidentemente). […] Io sono io soltanto se restituisco il dono, se lo tratto come datum e quindi lo accetto come tale. Questo dono non posso restituirlo al donatore, ma devo continuare a donare, trattarlo come un vero dono, che è dono non solo perché è stato dato, ma perché si dà. […] Questa donazione del mio dono (del mio io) – che è l’amore – è la mia partecipazione al processo trinitario, a dinamismo cosmoteandrico. […].’’. (14 novembre 1983; pp.127-128 de L’acqua della goccia).
Abbiamo detto in precedenza che la preghiera profonda mette in connessione con la dimensione ultima, è un modo per accedere a quello stato di creazione che stiamo indagando a metà strada tra contemplazione artistica e contemplazione religiosa.
Il commento a questo estratto del diario di Panikkar ci permette adesso di approfondire la riflessione sullo stato di creazione facendoci vedere come dono e riposo in questa dimensione arrivino a coincidere.
Il testo parte dall’assunto che Dio è dono, il dono dell’essere. Tanto più si dona tanto più riposa in sé stesso, tanto più noi riposiamo in lui tanto più spontaneamente ci doniamo e troviamo riposo in questa donazione e partecipazione alla dinamica profonda della realtà. Dono e riposo nello stato di creazione coincidono in piena spontaneità. Come le due rivelazioni (cosmofania e cristofania) apparivano come due aspetti di un’unica esperienza, e anche contemplazione artistica e contemplazione religiosa arrivavano a sintesi, lo stesso accade al riposo e al dono. L’esperienza di preghiera profonda è un’esperienza della pienezza dell’uomo in cui riposo e dono coincidono. Lo stato di creazione che abbiamo indagato fin qui si rivela infine come stato di donazione.
(Lapo Chittaro)